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Senorbì (CA), al MADN La Dea di Turriga, il mistero di un’icona senza tempo

mercoledì, 01 agosto 2018 07:38

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Francesca Bianchi
Presso il Civico Museo Archeologico "Domu Nosta" di Senorbì (CA), fino a domenica 5 agosto sarà esposta in via del tutto eccezionale la statuina dellaDea Madre di Turriga, risalente al IV millennio a.C. e custodita al Museo Archeologico Nazionale di Cagliari.
Per l’occasione sabato 28 luglio, presso il Museo di Senorbì, è stata inaugurata la mostra La Dea di Turriga, il mistero di un’icona senza tempo, che sarà visitabile sino a domenica 5 agosto, tutti i giorni dalle ore 9.00 alle ore 13.00 e dalle ore 16.00 alle ore 21.00.
Alla serata di inaugurazione, dopo i saluti di Alessandro Pireddu, Sindaco di Senorbì, di Paola Erriu, Assessora alla Cultura, Sport e Spettacolo, e di Elisabetta Frau, Responsabile Scientifico MADN, sono intervenuti Roberto Concas, Direttore del Museo Archeologico Nazionale di Cagliari, Chiara Pilo, Funzionaria della Soprintendenza, Carlo Lugliè e Riccardo Ciccilloni, Docenti dell’Università di Cagliari.
FtNews ha avuto il grande piacere di intervistare la curatrice Elisabetta Frau, che tanto si è prodigata per "riportare a casa" l'inestimabile reperto e ci ha raccontato dell'intensa emozione provata quando ha potuto ammirarlo e toccarlo. Ha sottolineato che questo straordinario miracolo, come lei ama definirlo, è stato reso possibile dalla sinergia e dalla collaborazione tra più Istituzioni che hanno lavorato insieme per il raggiungimento di obiettivi comuni a vantaggio della collettività.
Nel corso della nostra bella conversazione, la studiosa ci ha svelato qualche dettaglio della statuina di Turriga, un idolo dalle dimensioni eccezionali, soffermandosi sulle peculiarità di quella che è diventata la Dea simbolo della Sardegna e sul mistero che avvolge la storia del suo ritrovamento. Ha infine espresso il sincero auspicio che questa icona della preistoria sarda, che a distanza di 6000 anni continua ad emanare un fascino senza tempo che oltrepassa le generazioni e i millenni, possa essere un'occasione di riflessione sulla preziosità e sulla caducità della vita umana per tutti i visitatori che si lasceranno permeare ed avvolgere dalla sua magica, eterna bellezza.

Sabato 28 luglio, presso il Civico Museo Archeologico "Domu Nosta" di Senorbì (CA), è stata inaugurata la mostra La Dea di Turriga, il mistero di un’icona senza tempo. Come è nata questa mostra e quali finalità si propone? Come siete riusciti a portare l'idolo di Turriga nel Museo di Senorbì?
Grazie alla pronta e sensibile disponibilità del Museo Archeologico Nazionale di Cagliari, diretto da Roberto Concas, e del Polo Museale della Sardegna, ci è stato concesso di ospitare nel Civico Museo Archeologico "Domu Nosta" di Senorbì questa statuetta dal fascino millenario. Il Comune di Senorbì e la Società Cooperativa "Sa Domu Nosta", che gestisce l'area archeologica sin dagli anni Novanta, hanno organizzato l’evento come una grande occasione, preziosa ed irripetibile, per celebrare l’idolo di Turriga, essenza e principio della locale comunità arcaica, ma soprattutto stilema del patrimonio iconografico del Mediterraneo. C'è stato un prezioso lavoro di squadra e grande sinergia di intenti tra Istituzioni che hanno lavorato insieme per il raggiungimento di obiettivi comuni.
Si tratta di un'occasione eccezionale, un vero e proprio "miracolo" oserei dire, perché la Dea di Turriga nei prossimi mesi sarà bloccata nelle sue uscite internazionali, girerà esclusivamente
in occasione di eventi di un certo prestigio e soltanto in contesti nazionali. Questo appuntamento unico e straordinario consentirà di ammirare dal vivo una delle massime icone del patrimonio identitario sardo, principio unificatore ed enigma dell’esistenza.
Il nostro obiettivo era quello di portarla nel nostro museo, con l'idea di ricostruire la storia del viaggio compiuto dall'idolo dal momento in cui fu ritrovato a Turriga, nel 1935, fino alla musealizzazione, cercando di fare luce sulla leggenda circa le modalità del ritrovamento.

Cosa sappiamo della storia di questa celebre scultura? E' possibile datarla e stabilirne la provenienza?
E' stata ritrovata nel 1935 a Senorbì, in località Turriga, all'interno di un villaggio nuragico. Impropriamente viene definita "Dea di Senorbì", dal momento che la località di rinvenimento, Turriga, si trova al confine di tre comuni: Ortacesus, Selegas e Senorbì.
L'icona è in marmo bianco, forse si tratta di marmo pario arrivato dalle Cicladi. Non ne conosciamo la provenienza, ma sappiamo che è databile tra il 4000 e il 3400 a.C. ed è antecedente agli idoli cicladici.
Al momento del ritrovamento era situata all'interno di un cerchio di pietre. Il reperto è uno dei più noti idoli neolitici sardi del tipo geometrico-cruciforme. Le dimensioni, la tecnica di esecuzione e la rappresentazione formale fanno della Dea Madre di Turriga un capolavoro in grado di competere con le più rinomate statuette analoghe del vasto ed articolato bacino del Mediterraneo. Si tratta, come ho già detto, di un’icona della preistoria sarda fortemente identitaria per la comunità di Senorbì e per tutta la Trexenta, molto nota nella tradizione popolare anche per le vicende misteriose legate al suo rinvenimento, avvenuto, secondo la tradizione, ad opera di un bracciante agricolo.
Statua di divinità femminile a schema geometrico "cruciforme", in marmo, da Senorbì, loc. Turriga (CA).
Come è strutturato il percorso espositivo?
Al centro della sala è posizionata la scultura; attorno, lungo le pareti, i pannelli esplicativi raccontano la genesi della scoperta, facendo luce sugli uomini che ne hanno compreso l’importanza, da Vincenzo Taramelli a Ugo Rellini, da Doro Levi ai professori Giovanni Lilliu ed Enrico Atzeni, e su coloro per i quali ha rappresentato fonte di ispirazione artistica, come Costantino Nivola. Ci si sofferma sull’inestimabile valore che la sostanzia, ma sopratutto sull’affascinante, eterno mistero che incarna. Si parte dalla leggenda, da un concetto mitologico, per arrivare alla realtà archeologica, raccontandone le vicissitudini: è passata dalle mani di coloro che l'hanno realizzata a coloro l'hanno usata come fermaporta di un ovile; dalle mani di colui che l'ha ritrovata a quelle di chi, comprendendone l'eccellenza, l'ha trattata come e più di un gioiello prezioso.

Quali peculiarità hanno reso unica questo idolo? Che immagine ci fornisce della civiltà che l'ha prodotto e, soprattutto, cosa ci dice del culto della Dea?
Questa statuina non ha eguali: è la più grande Dea Madre del Mediterraneo ed è arrivata a noi perfettamente integra, caso eccezionale per gli idoli di Dea Madre non ritrovati in contesti funerari. Spesso, infatti, le Dee Madri venivano trovate in contesti funerari, mentre la Dea di Turriga è stata rinvenuta in un contesto di sovrapposizione di terreni, quindi è molto probabile che una sacca l'abbia protetta, facendo sì che si conservasse intatta.
A Senorbì abbiamo trovato anche una tesserina di Dea Madre a cruciforme, probabilmente utilizzata come portafortuna apotropaico. Questo fa capire che esisteva un culto internazionale dedicato alla Dea.
Una rappresentazione come quella incarnata dalla Dea di Turriga è molto particolare. Se rappresenta veramente una Dea, si tratta del simbolo di un codice di comunicazione che aveva un canone preciso. Non potendo gli esseri umani rappresentare il divino, hanno provato a rappresentare la porta dell'infinito, la divinità nutrice, la Madre Terra, dandogli connotati umani, complessità e allo stesso tempo semplicità della rappresentazione, una rappresentazione che vuole imitare l'umano: il naso molto pronunciato è l'unico elemento che risalta della figura umana ed è l'unica caratteristica che appare della fattezza e del connotato visivo. Per rappresentare l'infinito dobbiamo inchinarci a qualcosa di superiore e gli artefici di questa millenaria statuetta ci sono riusciti alla perfezione. Per me la Dea di Turriga rappresenta il divino, la forza propulsiva della natura, l'alfa e l'omega. Non sono mai stati fatti studi sul materiale che la compone, ma credo sia in gestazione l'intenzione di cimentarsi in questa affascinante ricerca che potrebbe fornirci dati interessanti in merito a contatti commerciali importanti o a maestranze locali che operavano su commissione.

Cosa si prova ad ammirare dal vivo questa statuina? Quali emozioni trasmette averla tra le mani?
E' un'emozione immensa che non si può descrivere con parole umane! Regina della piccola sala che l'accoglie, ha provocato in me la sindrome di Stendhal. Tirarla fuori dalla teca e averla tra le mani da' una sensazione di infinito. E' stata un'emozione unica! Sono rimasta estasiata a contemplare questo enigma della bellezza senza tempo, un frammento d'eterno che mi ha fatto pensare all'inafferrabile caducità della nostra vita su questa Terra e a quanto siano inutili ed inconsistenti l'ambizione, l'invidia, la gelosia e tutti i sentimenti negativi che avvelenano l'essere umano. Mi sono sentita una piccola viandante del tempo e non le nascondo di essermi commossa e di aver ringraziato la sorte per essere stata lì, testimone di un evento di tale portata.

Dalla mostra La Dea di Turriga, il mistero di un’icona senza tempo è nato l'omonimo catalogo, stampato dall’editore Sandhi. Come è strutturato e di quali contributi si avvale?
Il catalogo si avvale di contributi vari ed è nato dalla stretta collaborazione con l'Università di Cagliari, l'Archivio Storico di Cagliari, la Soprintendenza Archeologia della Sardegna, e dalla relazione molto forte con la comunità locale, che ci ha aiutato a ricostruire e a ripercorrere la storia dell'icona e i suoi legami con il territorio di Senorbì.
Gli autori del volume e del percorso didattico che si snoda intorno all'idolo, a nome della Cooperativa "Sa Domu Nosta", siamo Antonio Forci ed io con il patrocinio del Comune di Senorbì.
Ha fatto riferimento alla relazione molto forte che avete avuto con la comunità locale. Come è stata accolta dalla popolazione questa icona dal fascino millenario?
C'è un senso di appartenenza molto forte ed un grande orgoglio della popolazione per la storia percorsa dai nostri progenitori e questa Dea conferma e rafforza l'attaccamento ai valori identitari. E' stata una gioia immensa sabato vedere la folla di cittadini che ha partecipato all'inaugurazione. Da eventi come questo scaturisce la forte connessione tra il museo, visto come baluardo culturale, e la sua comunità

In Sardegna sono state ritrovate molte statuette di Dea Madre. Come mai questa di Turriga è diventata un simbolo dell'Isola?
La Dea di Turriga è anche la più riprodotta come simbolo della Sardità, perché ha una stilizzazione di forme che iconograficamente è davvero molto bella, elegante e moderna, tanto che potrebbe stare in uno studio di architettura di moderna concezione: non sembra affatto si tratti, invece, di un reperto archeologico antico di 6000 anni. La preziosa icona è stata utilizzata spesso nella realizzazione di effigi promozionali legate alla Sardegna, come il marchio del vino "Turriga", ideato dalle Cantine Argiolas di Serdiana, che sabato, insieme alla Cantina Trexenta di Senorbì, hanno partecipato all'evento con le loro eccellenze vitivinicole.

Quali riflessioni si augura che questa mostra possa suscitare in tutti coloro che avranno il piacere e la fortuna di visitarla?
All'inaugurazione di sabato il prof. Carlo Lugliè, docente del Dipartimento di Preistoria e Protostoria dell'Università di Cagliari, ha invitato i presenti ad osservare attentamente l'idolo, cercando di mettere a nudo la loro sensibilità di donne e uomini di oggi. Non sapremo mai cosa possa aver significato per coloro che l'hanno realizzata; ognuno ha la sua opinione, ma nessuno è detentore della verità assoluta.
Mi auguro con tutto il cuore che possa trasmettere ai visitatori le emozioni grandissime che ha suscitato in me. Sarebbe auspicabile che rappresentasse un elemento di maturità su cui riflettere, un'icona che ci dia la consapevolezza necessaria per proseguire il viaggio della vita nella maniera migliore. Questa scultura è riuscita a mettere d'accordo uomini ed epoche differenti: la mostra di cui è protagonista si configura come un miracolo nato dalla sinergia dei soggetti partecipanti a vantaggio della collettività.
A chi avrà la gioia e l'onore di fare visita in questi giorni alla Signora di Turriga rivolgo questo augurio: lasciatevi cullare dalla magia che Lei emana, lasciatevi prendere e avvolgere dalla bellezza, che non è solo negli occhi di chi guarda, ma anche nel cuore di chi sa ascoltare!
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