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Firenze, Viaggio nell'altro e nell'altrove in ricordo di Paolo Graziosi

mercoledì, 19 settembre 2018 08:31

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Paolo Graziosi (il secondo da sinistra) accanto ad Ardito Desio assieme ad un gruppo di Kafiri durante la spedizione del Karakorum del 1955. Immagine dell'Archivio IIPP.
Francesca Bianchi
In occasione del trentennale della scomparsa di Paolo Graziosi, l'Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, da lui fondato, ne celebra la memoria con l'incontro Viaggio nell'altro e nell'altrove. Dall’arte preistorica di Levanzo alle tradizioni dei Kalash dell’Himalaya, che si terrà a Firenze, presso il Museo di Antropologia e Etnologia, giovedì 20 settembre 2018.
L'evento, ad ingresso libero, è organizzato da: Istituto Italiano Preistoria e Protostoria; Sistema Museale dell’Università di Firenze; Fondazione CR Firenze; Laboratorio Multimediale dell’Università di Firenze. Interverranno Monica Miari, Presidente dell'Istituto Italiano Preistoria e Protostoria, Marco Benvenuti, Presidente del Sistema Museale, Università di Firenze, Carlo Sisi, Direttore della Commissione Tecnica Arte, Fondazione CR Firenze, David Caramelli, Direttore del Dipartimento di Biologia, Università di Firenze. L’evento, che rientra nell’European Year of Cultural Heritage 2018, ha ottenuto il patrocinio di: Ministero dei beni e delle attività culturali, Regione Toscana, Comune di Firenze, Società Italiana di Antropologia e Etnologia.
FtNews ha intervistato la dott.ssa Silvia Florindi dell'IIPP, che ci ha svelato qualche dettaglio in merito all'importante evento di giovedì prossimo e si è soffermata sul video realizzato per la bella mostra La fragilità del segno. Arte rupestre dell’Africa nell’archivio dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, che l'IIPP ha organizzato lo scorso anno con l'intento di far conoscere ad un ampio pubblico, attraverso i documenti dell’archivio fotografico Graziosi, alcune delle più antiche attestazioni artistiche dell’umanità situate in luoghi attualmente inaccessibili a causa di conflitti interni e internazionali. Un prezioso ed inestimabile patrimonio, oggi in pericolo, che tutta l'umanità è chiamata a salvaguardare e a difendere.

Dott.ssa Florindi, giovedì 20 settembre, presso il Museo di Antropologia e Etnologia di Firenze, si terrà la presentazione dei filmati Viaggio nell'altro e nell'altrove. Dall’arte preistorica di Levanzo alle tradizioni dei Kalash dell’Himalaya. Di cosa si tratta? Come è nato questo evento?
Si tratta di filmati inediti di Paolo Graziosi, provenienti dall'Archivio dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria (IIPP). Quest'anno ricorre il trentennale della scomparsa di Paolo Graziosi (1907-1988) e l'IIPP ne celebra la memoria proponendo un viaggio nelle sue ricerche attraverso lo sguardo della sua cinepresa. Grazie alla collaborazione con l'Università di Firenze - Laboratorio Multimediale e con il Sistema Museale di Ateneo - Museo di Antropologia e Etnologia, sono stati prodotti alcuni video che ripropongono i filmati girati da Paolo Graziosi durante le sue ricerche sull’arte rupestre e nella missione sull'Himalaya, tra le popolazioni Kalash, di cui il Museo di Antropologia e Etnologia conserva preziosi manufatti etnografici. I filmati saranno brevemente introdotti da Luca Bachechi, da Maria Gloria Roselli e da me.

Chi era Paolo Graziosi?
Paolo Graziosi è stato il fondatore e presidente dell'Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, ordinario di Antropologia all’Università di Firenze e, dal 1954 al 1982, Direttore del Museo di Antropologia e Etnologia. Ricercatore e docente dai molteplici interessi in diversi settori scientifici, dall’etnografia, all’antropologia, alla paleontologia, è stato il più eminente studioso italiano di arte preistorica, soprattutto per quanto riguarda le sue manifestazioni in Libia, in Etiopia e in Somalia. In Libia Graziosi lavorò tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, in pieno periodo fascista, precisamente nel 1933 e nel 1938, in due missioni archeologiche finanziate dalla Reale Società Geografica Italiana e dall'Università di Firenze; nel 1935 partecipò a due missioni archeologiche nel Corno d'Africa. E' stato uno dei più grandi esperti e studiosi dell'arte libica ed il primo a fare una strutturazione cronologica di quest'arte. Ancora adesso le università di Firenze e di Roma continuano le sue ricerche. Inizialmente si era interessato anche all'aspetto antropologico, accompagnando studiosi di antropologia che facevano ricerche antropometriche sulle popolazioni.
Figure antropomorfe, probabile raffigurazione di idoli, dalla grotta preistorica di Cala dei Genovesi a Levanzo (Sicilia). Diapositiva dall'Archivio IIPP.
Ha parlato di filmati inediti di Paolo Graziosi che verranno proiettati il 20 settembre. Quanti e quali filmati verranno trasmessi nel corso di Viaggio nell'altro e nell'altrove?
Durante l'evento verranno proiettati tre filmati: Luca Bachechi, che oggi concentra le sue ricerche nel Corno d'Africa, proseguendo l'attività di Graziosi, presenterà il filmato intitolato La Grotta preistorica di Cala dei Genovesi, (1953); Maria Gloria Roselli, curatrice del Museo di Antropologia, presenterà un filmato dal titolo Tra i popoli dell’Himalaya (1955); io curerò la presentazione del filmato La fragilità del segno, creato appositamente per la mostra omonima, che ha ricevuto un importante riconoscimento internazionale, il Golden Prize al Festival AVICOM del 2018. Inoltre avrò il piacere di presentare anche un'anteprima di un nuovo filmato che stiamo realizzando in collaborazione con Art Media Studio Firenze. Questo nuovo prodotto sarà incentrato sull'arte preistorica italiana e avrà un carattere molto divulgativo. Anche questa volta proveremo a raggiungere il grande pubblico, dai più grandi ai più piccoli.

A proposito del filmato La fragilità del segno, lo scorso anno, presso l'Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, si è tenuta la mostra La fragilità del segno. Arte rupestre dell’Africa nell’archivio dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, che ha ottenuto notevole riscontro di pubblico. Come è nata questa mostra? Come era strutturata?
La mostra cui fa riferimento era inserita all'interno del progetto IIPP “Archeologia nel deserto”, realizzato con il contributo del MIUR e della Fondazione CR Firenze sull'archivio fotografico di Paolo Graziosi, di proprietà dell’Istituto. L'archivio fotografico IIPP è stato dichiarato dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Toscana di interesse storico particolarmente importante. Proviene dal lascito di Paolo Graziosi e comprende 10338 immagini digitalizzate (diapositive, negativi e positivi fotografici) e alcune decine di filmati (16 mm sia in b/n che a colori) riguardanti lo studio della preistoria e della protostoria, e gli avvenimenti ad esso collegati (ricerche, scavi, convegni), svoltisi durante il XX secolo; i documenti più antichi risalgono alla fine degli anni venti del secolo scorso. Si tratta di uno dei fondi di documentazione visiva scientifica più importanti del settore in Italia e di fondamentale importanza per gli studi sulla Preistoria europea e africana. Le immagini di Graziosi sono tra le più antiche documentazioni archeologiche italiane; lo stesso discorso vale per i filmati.
Il percorso espositivo, secondo il progetto di Vincenzo Capalbo e Marilena Bertozzi, era articolato in un percorso immersivo attraverso tre sezioni: una prima sezione introduttiva sulle ricerche di Graziosi, sul suo archivio e sul tema dell' "Heritage in danger” (il sito di Tadrart Acacus, nel Fezzan, Patrimonio Mondiale UNESCO dal 1985, a luglio 2016 è stato inserito nella Lista del Patrimonio Mondiale in Pericolo); una seconda sezione dedicata alle ricerche di Graziosi nel Corno d’Africa e una terza ed ultima sezione dedicata alle immagini e ai filmati sull'arte rupestre della Libia, attualmente inaccessibile perché in zone di guerra, e sulle ricerche etnografiche condotte in territorio libico.
Un giovane ragazzo del Kafiristan (Pakistan), davanti ad alcune grandi statue lignee incise. Diapositiva dall'Archivio IIPP.
Perché La fragilità del segno? A cosa fa riferimento la"fragilità"?
La fragilità è sia del supporto, la carta, l'immagine, che risale fino agli anni Trenta, che di questo straordinario patrimonio artistico dell'età umana più antica, purtroppo minacciato dalla furia distruttiva.

Quali sono le caratteristiche dell'arte rupestre del Corno d'Africa e di quella libica?
Nel Corno d'Africa sono presenti sia incisioni che pitture. E' complesso definire l'arte rupestre del Corno d'Africa, perché si tratta di un'arte decontestualizzata. La cronologia è stata attribuita in base all'iconografia, ma i riferimenti cronologici sono labili. Per la Libia, invece, abbiamo datazioni più sicure che vanno da 12.000 anni a 3.000 anni fa, un periodo cronologico piuttosto ampio. Il tema privilegiato è quello dell'animale, rappresentato singolarmente o come soggetto principale della scena. Le opere di carattere naturalistico ritraggono scene di allevamento, di combattimento o di caccia, ma il tema di gran lunga dominante nell'arte rupestre del Corno d'Africa è costituito dalla raffigurazione di bestiame domestico, con una netta prevalenza di mandrie di bovini. In alcuni dei dipinti più antichi sono spesso rappresentate bovidi, ma anche capre, asini, cavalli, cani e cammelli. Ci sono anche rappresentazioni umane, ma sono molto meno numerose e non sembrano avere valenza individuale.
L'arte rupestre libica è legata a figure di animali. Incidevano sulla roccia quello che avevano davanti agli occhi. Nella fase prepastorale, in cui non è attestata l'agricoltura, è documentata la grande fauna sahariana, quando il Sahara non era ancora un deserto, ma era popolato da un’abbondante fauna di savana. La fase pastorale, invece, risalente a 9000-8000 anni fa, vede la presenza di figure umane e di bovini. In quel periodo si iniziarono a dipingere enigmatiche figure antropomorfe, dette "delle Teste rotonde", incentrate sui temi del sacro e del divino. In Tripolitania, precisamente a Udei el Chel, Graziosi trovò arte rupestre in una zona probabilmente legata al culto della fertilità, dato che lì rinvenne statuette femminili con le gambe divaricate.
Dalla mostra La fragilità del segno. Arte rupestre dell’Africa nell’archivio dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria è nato l'omonimo catalogo (Edizioni dell'Istituto). Come è strutturato e di quali contributi si avvale?
Il catalogo, a cura di A. De Pascale e L. Bachechi, è di circa 170 pagine, la metà delle quali dedicate a immagini tratte dall'archivio Graziosi. Contiene una serie di brevi saggi introduttivi di inquadramento scritti dai maggiori studiosi del settore, ma con taglio divulgativo, adatti anche ad un pubblico non specialista. Questo catalogo è stato il primo di una nuova collana divulgativa intitolata "Sguardi sulla Preistoria". Per quest'anno abbiamo previsto un secondo volume della collana, dedicato, come il filmato che stiamo preparando, all'arte preistorica italiana. Stiamo preparando anche la presentazione del volume.

Quali finalità Vi proponete con le Vostre interessanti iniziative e quale messaggio sperate possa arrivare al pubblico dei fruitori?
Tutti i nostri eventi intendono promuovere la vasta e preziosa documentazione scientifica posseduta dall'Istituto riguardante le missioni e gli studi di Paolo Graziosi. L'attuale quadro geo-politico interroga le Istituzioni e le persone su quale possa essere il futuro delle più antiche e significative testimonianze del passato nelle zone colpite da guerre e ideologie distruttive e su come preservarne la memoria e risvegliare l'attenzione e l'interesse di un più vasto pubblico su questo inestimabile, ma fragile Patrimonio dell'Umanità. Purtroppo manca la volontà, da parte degli Stati, di fare in modo che le persone diventino consapevoli del valore storico di certe preziose testimonianze. Nostro intento è stato, è e sarà sempre quello di farlo conoscere per rendere consapevoli che questo immenso patrimonio è di tutta l'umanità, non solo di un popolo. L'Unesco ha sentito forte il nostro richiamo, dandoci il patronato.
Ci piacerebbe, infine, riuscire a suscitare stupore e meraviglia di fronte a queste straordinarie testimonianze. E' patrimonio non solo l'arte, ma anche gli archivi che ce la documentano, e noi vogliamo trasmettere l'idea che questo patrimonio di inestimabile valore deve essere salvato a tutti i costi.
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