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Una crisi di sistema

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domenica, 25 agosto 2019 07:30

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Rosario Pesce
La crisi politica, che stiamo vivendo in questo ultimo scorcio di estate, prima della piena ripresa autunnale, rischierebbe di divenire cosa molto seria, se le forze partitiche non fossero in grado di dare una soluzione, anteponendo gli interessi di parte a quelli del Paese intero.
È evidente che la situazione istituzionale, giunta al punto attuale, comunque produrrà esiti anomali.
Se si formerà – come si auspica – un Governo PD-M5S, è chiaro che si alleano due partiti che poco o nulla hanno in comune e che, negli anni scorsi, si sono contrapposti in modo, anche, verbalmente molto violento.
Se, invece, dovesse rinascere un Governo Lega-M5S, è altrettanto ovvio che molti Italiani rischierebbero di non capire, visto che sarebbe incomprensibile una tale conclusione dopo settimane di confronto molto duro e serrato fra i due partiti della precedente maggioranza.
Se, infine, fosse necessario ricorrere al voto, in assenza di soluzioni diverse dallo scioglimento anticipato delle Camere, ci troveremmo di fronte ad un’autentica crisi di sistema, visto che sarebbe la legislatura più breve della storia repubblicana, finanche più breve di quella di Tangentopoli (1992/94), e segnerebbe - di fatto - la fine del principio della democrazia rappresentativa e parlamentare, visto che i partiti sarebbero surrogati dal voto popolare nell’individuazione della soluzione all’impasse.
Comunque vada, quindi il nostro Paese rischia di divenire sempre più una realtà periferica nel contesto europeo, a fronte di altri Stati che, invece, vivono momenti politici più sereni del nostro, nonostante le difficoltà economiche condivise.
Ed, allora, cosa bisogna auspicare, perché il Paese esca da una crisi che sta durando da troppo tempo?
Forse, basta una riforma della Costituzione nel senso della trasformazione della nostra democrazia in un sistema forgiato sul modello francese (o su quello statunitense), come già voleva Craxi alla fine degli anni Ottanta?
Ma, la Costituzione la riforma sempre il Parlamento e, se questo non riesce a dar vita ad un Governo saldo, come può essere capace di riformare la Carta?
È chiaro che si rischia di entrare in una dinamica perversa, che non può che allontanare sempre più i cittadini dalla partecipazione e, quindi, indurre una spirale che indebolisce viepiù le fondamenta stesse della nostra democrazia.
È giusto, quindi, che in una tale contingenza ci sia un’assunzione di responsabilità da parte di chi è più saggio ed avveduto, prima che il nostro apparato istituzionale cada in un degrado, agli occhi dei cittadini, che può divenire per davvero molto pericoloso ed inquietante.
Il Paese, anche questa volta, ne saprà uscire in modo consono alla gravità del momento storico?
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