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Alessandra D'Annibale
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Dal 16 al 19 giugno, Roma si trasforma in melodia. Nel cuore dell’Auditorium Conciliazione, prende vita la XXII edizione del Rome Chamber Music Festival, il sogno che Robert McDuffie ha trasformato in realtà, nota dopo nota, anno dopo anno. Un evento che unisce talenti emergenti e Maestri affermati; un Festival che è un intreccio tra emozione e destino uniti dalla tenacia di Robert McDuffie, che ha voluto fortemente creare un festival di musica da camera a Roma, come sua personale dichiarazione d’amore e per quell’invisibile legame tra passato e presente. L’ho incontrato alla vigilia dell’evento, per parlare di musica ma soprattutto di giovani talenti e di quel giorno lontano in cui, da adolescente, scoprì che la musica avrebbe suonato per sempre in lui. Perché a volte la musica non si ascolta soltanto: accade. È ciò che successe a un giovanissimo Robert McDuffie quando, costretto dai genitori ad assistere a un concerto anziché scendere in campo per una partita di basket, sentì le prime note de Il trillo del diavolo di Giuseppe Tartini suonate da Itzhak Perlman. E lì, nell’istante esatto in cui Perlman iniziò a suonare, la sua vita cambiò per sempre. Il basket svanì, la musica divenne destino. Da allora, il suo violino non è solo legno e corde, è un cuore che pulsa, un ponte tra visibile ed invisibile. “Avevo 14 anni e i miei mi hanno costretto ad andare al concerto di Perlmann ed io ero così arrabbiato perché avevo una partita di basket molto importante. Dal momento che lui ha cominciato a suonare ho dimenticato tutto sul basket e ho deciso di diventare musicista. Volevo andarlo a salutare, nelle quinte, ma avevo paura…la sua performance ha cambiato la mia vita. Quando gli raccontai questa storia, anni dopo, mi rispose: avresti guadagnato di più giocando a basket”. Oggi, a distanza di decenni da quel giorno che cambiò per sempre la sua traiettoria, McDuffie candidato ai Grammy e insignito dell’Emmy Award, è tornato a Roma per dirigere la 22ª edizione del Rome Chamber Music Festival, ormai riconosciuto come uno degli appuntamenti culturali più raffinati e internazionali della Capitale. “Ho scelto di cominciare la serata inaugurale del 16 giugno, con una doppia versione de “Il trillo del diavolo” di Giuseppe Tartini, perché è un brano che ha segnato il mio destino, e volevo suonare una versione moderna e una versione barocca”
La sua Fondazione così come la sua mission non si limita a formare nuovi talenti, ma permette, in maniera del tutto unica, nel panorama musicale ed artistico, di far condividere il palcoscenico a giovani emergenti con i grandi Maestri della musica internazionale . È molto più di un’apertura verso il mondo professionale: è il battesimo artistico, l’opportunità di mostrare il proprio talento ai massimi livelli accanto ai mostri sacri della musica mondiale.
“Debuttai all’Auditorium Conciliazione nel 1994 e con la mia famiglia decidemmo di trasferici qui a Roma... Volevo organizzare un festival della musica da camera perché non esisteva a Roma e volevo ringraziare la città per avermi ospitato. Tutti i miei amici mi dicevano: fallirai! Io avevo solo in mente un brano di George Gershwin - It Ain't Necessarily So- “Non è detto che sia così”….Abbiamo cominciato il Festival a Villa Aurelia ed ora torno all'Auditorium Conciliazione. I primi tre anni ho fatto un festival come tutti, poi ho creato un Conservatorio di archi in Georgia, nella mia città a Macon e abbiamo assunto una missione didattica per i giovani talenti. Questo è il motivo del perché non è fallito e dopo 22 anni abbiamo 45 musicisti da tutto il mondo che si possono esibire su un palcoscenico internazionale” - aggiunge –“ abbiamo illuminato il percorso a più di 200 giovani artisti in questi anni, che oggi lavorano, viaggiano e suonano nei teatri più prestigiosi”. Alla domanda quale personaggio del presente o passato porterebbe a cena, il Maestro risponde: “Ravel, un genio, inseriva i livelli di colore in un modo incredibile e poi Donald Trump solo per chiedergli come mai hai deciso di distruggere il mio paese?” Poi, sorride, nel ricordare la volta che conobbe Silvio Berlusconi: “Silvio Berlusconi era un uomo affascinante, simpaticissimo, l’ho conosciuto in due giorni. A quell’epoca ero il violinista privato per l’Ambasciatore americano, e una sera c’era Berlusconi e fu così gentile con me. Il giorno dopo mi telefonò per chiedermi di suonare al Maurizio Costanzo Show”. Poco dopo, sulla terrazza del Meridien, Robert McDuffie ha dato voce al suo violino. Non era solo un’esecuzione, ma un dialogo sussurrato tra anima e legno. L’ultima nota si è dissolta nell’aria, come un sogno che lascia un’emozione indelebile al mattino, la sua musica attraversa il tempo e non finisce…trova solo il modo di esistere altrove.
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