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sabato, 18 ottobre 2025 17:52 |
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Serri, Santuario nuragico di Santa Vittoria. Tempio a pozzo dedicato al culto delle acque.
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Dal nostro inviato
Francesca Bianchi
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In una bella intervista rilasciata a FtNews, Giorgio AngiusFondazione Petrass<(i>, ha ripercorso la storia del Santuario Nuragico di Santa Maria delle Vittorie di Serri (SU), considerato uno dei più importanti complessi cultuali della Sardegna nuragica, testimone silenzioso del ricco passato, della cultura e della storia che hanno caratterizzato il Sarcidano. Il sito è stato portato alla luce dall’archeologo Antonio Taramelli.
Il cuore del Santuario Nuragico di Santa Vittoria è rappresentato dal tempio a pozzo dedicato al culto delle acque, costruito con massicci blocchi di basalto e testimone della devozione delle popolazioni locali. Tra i monumenti più significativi del sito, spiccano il tempio ipetrale, il recinto delle feste e la zona delle abitazioni, con la più grande capanna nuragica delle riunioni rinvenuta in Sardegna. L'antico legame con la devozione e la spiritualità non si è spezzato in epoca cristiana, come testimonia la presenza della chiesetta dedicata a Santa Vittoria martire.
Il Santuario Nuragico di Santa Vittoria è sotto la direzione della Fondazione Petrass, che si occupa anche della valorizzazione del sito di Pranu Muttedu, a Goni (SU), ora Patrimonio UNESCO, e del Nuraghe Arrubiu di Orroli (SU).
Sig. Angius, ci racconti pure la storia del Santuario nuragico di Santa Vittoria di Serri. Chi portò alla luce il sito?
Il santuario nuragico di Santa Maria delle Vittorie, comunemente chiamato santuario di Santa Vittoria, prende il nome dalla chiesa costruita nell'area templare, una chiesetta bizantina risalente al VII sec. d.C., successivamente riedificata in epoca giudicale intorno all'XI secolo dai monaci Vittorini, da cui il nome alla piana di Serri e al santuario. Il santuario federale di Santa Vittoria si estende su una superficie di circa 22 ettari, che interessa la parte sud occidentale della Giara di Serri, a 660 mt s.l.m. Fu Antonio Taramelli, celebre archeologo friulano, a riportare alla luce il sito archeologico tra il 1907 e il 1929, mettendo in evidenza numerose strutture di età nuragica riutilizzate per lungo tempo. Taramelli è arrivato sulla Giara dietro consiglio dell’amico medico Pietro Marogna, che gli aveva parlato dei monumenti preistorici nell’area di Santa Vittoria. Le sue esplorazioni iniziarono nel 1907. Si rese conto che evidenti cumuli di crollo facevano pensare a qualcosa di imponente da mettere in luce. Nel 1909-1910 venne avviata la missione di scavo, diretta dallo stesso Taramelli, che andò avanti fino al 1912. Gli scavi si interruppero per dieci anni e proseguirono tra il 1922 e il 1929, mettendo in luce quello che oggi, con i suoi quattro ettari di terreno, è il villaggio santuario più grande in Sardegna. Dopo Taramelli altri archeologi hanno condotto scavi e studi sul santuario (E. Contu, M.A. Fadda, A. Saba, G. Paglietti, R. Cicilloni, J. A. Camara Serrano, L. Spanedda e N. Canu) e le indagini sono ancora in corso a cura della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Cagliari e le province di Oristano e Sud Sardegna. Le ultime campagne di scavo, specialmente quelle più lunghe, sono state eseguite dalla dottoressa Gianfranca Salis, attualmente responsabile di zona per la Soprintendenza, e dall'archeologo Federico Porcedda.
L'area, utilizzata in età nuragica per scopi difensivi, come attesta la presenza di un proto nuraghe e di un nuraghe a tholos, divenne, probabilmente a partire dalla tarda età del Bronzo/prima età del Ferro (XII-IX secolo a.C.), un importante luogo di culto in cui confluivano le popolazioni di tutto il circondario. Il sito ha mantenuto la destinazione sacra anche in età cristiana, come testimonia la presenza di una chiesetta dedicata a S. Vittoria, ubicata sul ciglio della Giara, a breve distanza dal protonuraghe. Come si è visto in tante parti della Sardegna dove ci sono santuari, pozzi sacri, villaggi o resti nuragici, le chiese sono una palese imposizione cristiana in luoghi di culto sacri di epoca pagana. La chiesa è stata costruita sui resti del nuraghe, utilizzando materiale di recupero dell'area dei templi. Il culto è rimasto vivo nel corso dei secoli, infatti ancora oggi l’11 settembre la popolazione locale si reca sull’altopiano per partecipare ai festeggiamenti in onore di Santa Vittoria.
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Serri, Santuario nuragico di Santa Vittoria. Tempio a pozzo dedicato al culto delle acque.
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Ha parlato di destinazione sacra del luogo. Quali divinità si veneravano? Quali caratteristiche presenta il monumento in cui si svolgeva il culto?
Il fulcro del santuario è costituito dal Pozzo Sacro dedicato al culto delle acque. Il monumento, circondato da un temenos, è realizzato con blocchi di basalto disposti su filari regolari. Si compone di un atrio, una scala e una camera originariamente coperta a tholos che conteneva l’acqua lustrale. Il vestibolo, munito di panchine, è attraversato da una canaletta dove l'acqua del pozzo tracimava dalla perfetta scala trapezoidale. Nel vestibolo troviamo due bacili naturali, uno di scorrimento, l'altro utilizzato esclusivamente per la purificazione di ciò che veniva offerto in onore della Dea Madre. Qui si svolgevano dei veri e propri riti con richieste di grazie, tanto che sono state ritrovate 64 statuine votive che sottolineano proprio l'importanza dell'elemento femminile, tra cui la madre con il bimbo in grembo, una figura femminile seduta su uno sgabello con la mano destra sollevata in atto di adorazione e con in braccio il bimbo neonato, per la cui guarigione chiede la grazia alla Dea Madre, che altro non era che l'acqua contenuta all'interno del pozzo. Questa camera, a differenza di tutte le altre costruzioni, aveva una struttura architettonica maniacale, perfettamente squadrata, con blocchi di basalto e il terminale in calcare bianco che è crollato e non è stato ricostruito. Il secondo tempio, citato come bacino cerimoniale, è una struttura a pianta rettangolare, interpretata da Taramelli come luogo di culto in ragione del ritrovamento di numerosi bronzi; in realtà non è chiaro a quale divinità potesse essere dedicato, né se effettivamente fosse un tempio, né in quale fase dell’età nuragica sia stato realizzato. La definizione di ipetrale, data da Taramelli in seguito al ritrovamento di pochi massi appartenenti alla copertura, indicherebbe un edificio a cielo aperto; in realtà è possibile che la copertura fosse realizzata in materiale deperibile o che il materiale lapideo sia stato riutilizzato per costruire altre strutture: dopo i nuragici l’area venne frequentata da Cartaginesi, Romani, Bizantini. A breve distanza dai templi si ergono i resti di un nuraghe, testimonianza dell’originaria vocazione militare del sito. Nella media età del bronzo (XV secolo a.C.), infatti, l'insediamento si sviluppa attorno ad un protonuraghe, sfruttando l’alta quota della Giara e l’ampia visibilità sui territori circostanti.
Come e dove si svolgeva il culto?
Il vestibolo del tempio a pozzo era teatro dell'inizio del culto, che poi continuava lungo la via sacra, una stradina pavimentata di 50 mt. Si attingeva l'acqua dal pozzo, si purificava ciò che veniva offerto e poi ci si spostava lungo la via sacra, citata in questo modo perché gran parte dei bronzi figurati rinvenuti nel santuario sono stati ritrovati nella parete di fondo di questa via. Il muro perimetrale del tempio ipetrale è costituito da blocchi di basato e calcare bianco perfettamente squadrati, come quelli che formano l'interno e l'esterno del tempio a pozzo. Le parti terminali delle aree templari venivano decorate in calcare bianco. Tutti i cocci avevano la forma di protome taurina, simbolo che rappresenta la testa e il muso del toro, animale a cui attribuivano molto importanza. Secondo alcune fonti, la struttura architettonica del pozzo riproduceva la forma di una chiave, rappresentando la forma dell'apparato genitale femminile.
Quali caratteristiche presentano gli altari?
Ci sono due aree di altari: a sinistra l'area di altari minori, dove avvenivano sacrifici animali di piccola taglia, mentre l'altare maggiore, che aveva un ruolo più importante, presentava un cortiletto esterno pavimentato affacciato sull'altare. Nella parte principale sono state ritrovate scolpite delle coppelle che dovevano contenere l'acqua sacra. All'interno di queste coppelle sono stati rinvenuti alcuni bronzi, quindi possiamo intuire che il rito si svolgeva all'esterno del pozzo in onore della stessa acqua, piovana e non di falda, contenuta all'interno del pozzo, poi si spostavano per andare a deporre nelle coppelle degli altari centrali alcuni degli oggetti votivi più importanti. I ritrovamenti hanno fatto pensare che fosse un luogo unito al vestibolo del tempio a pozzo.
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Omaggio a Taramelli, opera murale del maestro Lorenzo Muntoni Artista
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Quale funzione aveva il recinto delle feste? Quale struttura presenta?
Prototipo nuragico delle Cumbessias, il recinto delle feste era lo spazio deputato ad accogliere i pellegrini che si recavano nel santuario. Il recinto, a pianta ellittica (73×50 metri), si incentra sull’ampia corte centrale dove si affacciano vani porticati e ambienti circolari. Gli accessi al recinto sono due: uno a sud-ovest, l’altro a sud-est. Lo spazio porticato, coperto da un tetto ad un unico spiovente, offriva ai pellegrini convenuti al santuario un riparo in cui pernottare e consumare i pasti, forse preparati nella cucina comune. Qui si tenevano sagre commerciali che duravano diverse settimane. Era un piazzale che raccoglieva tutti i pellegrini che venivano da tutta la Sardegna con capi di bestiame e merci e barattavano, quindi c'era lo scambio commerciale. Il secondo portico è costituito da celle dove probabilmente venivano esposti gli animali durante le sagre commerciali. Non c'era la vendita diretta, ma lo scambio commerciale.
Quali informazioni ci forniscono i ritrovamenti effettuati all'interno delle capanne?
Per quanto riguarda le capanne, il prof. Taramelli ha dato un'interpretazione in base alla struttura architettonica o ai ritrovamenti. In una di queste capanne è stato messo in evidenza un diverso livello di frequentazione. Al suo interno è stata ritrovata un'ascia bipenne in bronzo di 27 cm, proveniente dall'isola di Creta, dove le sacre asce bipenni venivano utilizzate per dei sacrifici animali in onore della dea della fertilità. Questo ci fa capire che i popoli nuragici commerciavano, in un primo momento magari solo all'interno del'isola, poi lungo tutto il Mediterraneo, e il ritrovamento dell'ascia bipenne ne è un esempio. Nella capanna delle assemblee federali, o Curia, è stato ritrovato un torciere fenicio-cipriota in bronzo di 19 cm. I nuragici non vivevano isolati.
Perché la curia è chiamata anche capanna delle riunioni? Cosa avveniva al suo interno?
Era chiamata capanna delle riunioni per le dimensioni - 14 metri di diametro esterno - e per il sedile in calcare che si sviluppa lungo tutta la circonferenza interna. Al suo interno il grande sedile anulare poteva ospitare oltre 55 persone, mentre la vaschetta e l’altarino documentano la pratica di riti religiosi durante le riunioni degli oligarchi. Nel piccolo "Parlamento" di Serri convenivano i gravi seniores delle comunità nuragiche dei territori circostanti la giara di S. Vittoria, si discutevano le alleanze, si giuravano i patti. Il tutto veniva suggellato da una sacra cerimonia che comprendeva sacrifici di animali e offerte di libagioni o di statuine zoomorfe in bronzo. Le particolari assemblee potevano svolgersi anche di notte, come sembrerebbe dedursi dal torciere fenicio-cipriota sopra menzionato e dalle navicelle bronzee.
Che tipo di laboratori proponete ai vostri visitatori più giovani e alle scolaresche?
I nostri laboratori sono un'esperienza unica per apprendere divertendosi. Abbiamo quattro laboratori: 1) "Dalla terra può nascere un’opera d’arte", che consiste nella realizzazione di un manufatto ceramico con tecniche pre-protostoriche; 2) "Il Mistero della Scoperta" prevede la simulazione di uno scavo archeologico; 3) "Intrecci e trame: la tessitura nell’antichità" prevede la realizzazione di una striscia di stoffa tramite un piccolo telaio a cornice; 4) "Ricostruisci il monumento", ricostruzione in 3D dei monumenti nuragici con mattoncini di argilla.
Come si svolge il laboratorio di simulazione di scavo?
Portiamo i bambini a fare la visita guidata, spieghiamo come è stato scoperto il sito e quali sono le tecniche di scavo attuali. Poi, in un'area specifica, facciamo lavorare in stratigrafia i ragazzi, i quali devono scavare per trovare tutti gli oggetti, che poi puliranno e disegneranno.
Quali progetti avete in cantiere?
I progetti sono tanti: l'ultimo si è tenuto sabato 11 ottobre al centro commerciale "Le Vele" di Quartucciu (CA); il prossimo si terrà a Serri sabato 9 novembre. A Quartucciu la Fondazione Petrass ha partecipato alla rassegna "Sapori, suoni e antichi mestieri. Il festival della tradizione sarda", evento organizzato dal comune di Serri e dalla Direzione del centro commerciale. All'evento hanno preso parte il Coro Polifonico "Voci in musica" di Serri, che si è esibito con canti e musiche della tradizione, il gruppo teatrale serrese e il CAS, che hanno fatto dimostrazioni di antichi mestieri e ricette della tradizione. Un evento per promuovere Serri, l'area archeologica e la manifestazione "Saboris Antigus", letteralmente 'sapori antichi', che sarà ospitata a Serri il 9 novembre, una giornata dedicata alle vecchie tradizioni, ai mestieri, ai piatti tipici del paese, nel corso della quale si potranno visitare anche gli antichi cortili. "Saboris Antigus" ci darà l'occasione di promuovere la Fondazione Petrass e far conoscere la straordinaria ricchezza archeologica di Goni, Orroli e Serri.
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