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Saboris Antigus: alla scoperta dei sapori autentici della Sardegna

domenica, 06 luglio 2025 05:58

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Dal nostro inviato
Francesca Bianchi
Recentemente è stato pubblicato il ricettario di Saboris Antigus, un viaggio tra i sapori autentici della Sardegna realizzato con il sostegno della Camera di Commercio di Cagliari-Oristano. FtNews ha intervistato Giuseppina Scorrano, responsabile della promozione turistica e territoriale del Centro Servizi della CCIAA, e il food photographe Francesco Pruneddu, autore delle suggestive immagini che arricchiscono il volume.

Sig.ra Scorrano, come è nato il ricettario di Saboris Antigus? Come definirebbe il libro?
Il ricettario di Saboris Antigus, 'antichi sapori' nella lingua del sud della Sardegna, è nato sulla traccia di una serie di manifestazioni dedicate al cibo, di nome proprio Saboris Antigus. Faccio riferimento ad alcune sagre che si svolgono tra novembre e dicembre in nove paesi della Trexenta e del Sarcidano (Gergei, Selegas, Serri, Siurgus Donigala, Gesico, Suelli, Guasila, Nurri e Mandas). In ciascuna di queste feste si celebrano i piatti della gastronomia sarda, in particolare quelli tipici di ciascuno di questi nove paesi coinvolti. Abbiamo pensato di fermare la memoria anche sulla carta e realizzare un ricettario, ma è importante dire che Saboris Antigus è molto più di un semplice libro di cucina: è una raccolta viva di memoria popolare e identità culturale, frutto di un accurato lavoro di ricerca sul campo. L'iniziativa è nata per volontà della Camera di Commercio di Cagliari-Oristano, che supporta il circuito promozionale di Saboris Antigus, coordinandone alcuni elementi, uno dei quali è proprio la raccolta dei sapori e delle ricette tradizionali. La realizzazione di questo ricettario è stata possibile grazie alla disponibilità e alla dedizione delle persone che hanno generosamente condiviso con noi il proprio sapere culinario e le tradizioni del territorio. Ogni ricetta custodita in queste pagine racchiude conoscenze tramandate nel tempo e storie personali, una memoria collettiva che parla di famiglia, comunità e cultura.

Come è strutturato il ricettario?
Abbiamo dato vita a un progetto di gruppo: siamo andati in ognuno di questi nove paesi e abbiamo raccolto le ricette, tutte legate alla consuetudine e alla memoria. Per ogni comune abbiamo scelto due piatti, quindi abbiamo diciotto ricette della tradizione, che sono state raccolte e riproposte nella loro autenticità da Chiara Cogotti, cuoca professionista, mentre nove reinterpretazioni contemporanee portano la firma degli chef Davide Atzeni, Riccardo Massaiu e Marina Ravarotto. Profondi conoscitori del territorio e delle sue materie prime, questi tre chef hanno messo la loro professionalità e creatività al servizio di questo progetto: hanno ripreso con molta maestria e molto rispetto i piatti tradizionali e ne hanno dato la loro versione, offrendo una rappresentazione attuale e innovativa della cucina sarda. I piatti ideati dagli chef rappresentano uno sguardo contemporaneo alla tradizione e confermano che i sapori antichi possono continuare a essere una risorsa viva e attuale.
I sindaci dei vari comuni hanno sempre fatto da facilitatori di questa raccolta di informazioni. Il lavoro è stato bello e soddisfacente; abbiamo l'orgoglio di aver raccolto in un libro, corredato delle bellissime fotografie di Francesco Pruneddu, delle ricette che sono state trasmesse di generazione in generazione.

Vi state aprendo anche ad altre realtà del Mediterraneo...
Sì, abbiamo creato dei collegamenti con altre realtà simili alla nostra: quest'anno c'è stato il gemellaggio con Creta, che il prossimo anno sarà Regione Europea della Gastronomia. Proprio nei giorni scorsi alcuni sindaci dei comuni coinvolti hanno presentato il ricettario a Creta. Confrontandoci con la realtà cretese, ci siamo resi conto che certi sapori del Mediterraneo e certe procedure di preparazione del cibo, che pensavamo fossero soltanto nostre, in realtà sono una specie di sapere comune del Mediterraneo. Stiamo cercando di rimanere nel nostro territorio, ma sempre collegandoci con territori analoghi e anche con chi fa questi lavori con altrettanta dedizione.
Con il vostro lavoro di ricerca siete riusciti a recuperare ricette quasi dimenticate...
Quasi tutte le ricette che troviamo qui si tramandano da generazioni. In un caso abbiamo ritrovato una ricetta che era consuetudine trovare fino a 30-40 anni fa, poi è scomparsa. Faccio riferimento a dei biscottini che venivano preparati in occasione del battesimo dei bambini. Questi biscotti, chiamati "coccois de annu", presentano delle forme considerate benauguranti; noi nel ricettario li abbiamo definiti proprio 'biscotti del buon augurio'. Venivano poggiati sul corpicino del bambino con lo scopo di portargli fortuna. Questa usanza è sparita, non è più praticata da anni, ma le persone molto anziane la ricordano bene. Noi siamo riusciti a recuperarla grazie al nostro lavoro di ricerca, grazie alla testimonianza delle persone anziane che abbiamo intervistato.

Come avete cercato di raccontare la tradizione? Cosa rappresenta, per voi, la tradizione?
Abbiamo cercato di incrociare la produzione e le materie prime locali, infatti secondo noi non si può definire tradizione qualcosa che viene da un'altra parte. Poi abbiamo pensato al consolidamento delle pratiche tradizionali. Quando l'UNESCO conferisce un titolo per riconoscere come patrimonio dell'umanità una pratica non materiale, richiede che questa sia riconosciuta da molti e che se ne conservi ancora una corretta memoria. Questo è quello che noi abbiamo cercato di fare nell'identificare queste ricette. Non è semplice parlare di tradizione; noi abbiamo cercato di farlo con la memoria collettiva, con il riconoscimento consolidato e con le materie prime locali. Tradizione, in questo contesto, non è solo ciò che è passato, ma ciò che ha resistito nel tempo grazie al suo valore: ciò che è stato custodito per essere tramandato. Come ricorda il progetto stesso, “non può esistere alcun progresso senza tradizione”.

Attualmente state lavorando a qualche iniziativa?
Abbiamo in programma iniziative indirizzate alla conservazione della memoria del cibo. Adesso stiamo preparando una guida all'olioturismo. L'olio è un marcatore di territorio. Il cibo, la storia e le tradizioni stanno diventando un punto fermo della nostra attività promozionale. Noi ci occupiamo di promozione turistica e territoriale.

Avete in mente qualche progetto per coinvolgere i più giovani e portare questo libro nelle scuole?
A poco a poco i vari comuni di Saboris Antigus si stanno attivando per presentare questo ricettario. Sarebbe interessante una presentazione nelle scuole, anche perché in molte scuole della Sardegna, soprattutto in quelle dei piccoli centri, c'è una grande cura delle mense scolastiche. In molti casi è stato chiesto che venissero presi in considerazione i menu dei piatti tradizionali, quindi è fondamentale partire dalle scuole, dai più piccoli.

Quale messaggio si augura possa arrivare a coloro che leggeranno questo ricettario?
Mi auguro che si fermi l'attenzione su questo modo lento di fare turismo e approcciare i piccoli centri, vedendo le cose semplici. Mi piacerebbe passasse questa poesia, questa grazia, la delicatezza e anche l'orgoglio delle cose che si trovano nei centri meno noti e famosi.
Sig. Pruneddu, lei è l'autore delle foto del ricettario di Saboris Antigus. Come e quando è stato invitato a prendere parte al progetto nelle vesti di fotografo ufficiale?
I social hanno avuto la loro importanza: qualcuno ha osservato i miei lavori e ha pensato di coinvolgermi. Mi sono confrontato subito con Giuseppina Scorrano, quindi c'è stata una fase conoscitiva del progetto per capire cosa bisognasse fare, quali fossero le ricette da prendere in considerazione. Questo progetto ha assunto subito i tratti di una sfida. Arrivavo dal mondo della fotografia del cibo, ma ho sempre fotografato prevalentemente dolci. Approcciarmi ai piatti della tradizione è stato un po' insidioso. Trattandosi di ricette povere, in un primo momento ho cercato di capire. Ricetta povera, infatti, non coincide con foto semplice, al contrario diventa più complicato restituire, con una foto, l'anima di quella ricetta. Mi sono buttato a capofitto in questa esperienza e devo dire che è stato molto interessante. Non bisognava fotografare solo le ricette, ma anche gli ingredienti. Per quanto possa sembrare banale, questo forse mi ha aiutato nella ricerca estetica delle ricette, in quanto alcune avevano degli ingredienti che conoscevo, ma non avevo mai analizzato dal punto di vista fotografico, quindi è stata una ricerca estetica a 360°. Nelle ricette dolci mi sono sentito un po' più a casa. I dolci della tradizione in generale hanno una personalità spiccata, quindi bisogna mettersi al servizio del loro aspetto un po' rustico e poco raffinato. La tradizione a volte ci propone pietanze non troppo elaborate.

Come ha scelto di raccontare la tradizione attraverso i suoi scatti?
Io ho messo al servizio di questo lavoro il mio studio, ricavato da un ambiente della mia casa che ho trasformato secondo il mio gusto. Nella stanza in questione ci sono tavoli in legno e in marmo, che si ritrovano anche nelle cucine di un tempo, quindi la cosa è venuta da sé. Io sfrutto sempre la luce naturale, così ho sfogliato il set delle varie composizioni per far sì che ad emergere fosse il piatto e non il contesto, la composizione e altri dettagli che di solito inserisco nelle mie foto. Ho provato a ricostruire momenti frugali, il pasto di un tempo. Questo è stato il modo in cui ho provato a restituire la tradizione.

Quale messaggio si augura possa arrivare a coloro che, sfogliando il ricettario, avranno il piacere di ammirare le sue fotografie?
Ho sempre osservato che in Sardegna i libri che raccontano la storia della nostra gastronomia non sono corredati di immagini, se non altro non tutte le ricette vengono accompagnate da immagini, per cui per me è una grande soddisfazione aver contribuito alla realizzazione di questo ricettario che ha anche più di una foto per ogni ricetta. Spero che queste immagini raccontino molto delle varie ricette e aiutino il lettore ad avere più elementi per viaggiare con la fantasia, perché è molto importante il lavoro di immaginazione quando si legge un ricettario. Spero che dall'ingrediente al piatto finito il lettore possa apprezzare questa piccola analisi.
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