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Magna Mater tra Roma e Zama: cooperazione culturale tra Italia e Tunisia

lunedì, 03 novembre 2025 07:21

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Magna Mater tra Roma e Zama, Uccelliere Farnesiane, Parco archeologico del Colosseo
Dal nostro inviato
Francesca Bianchi
Sarà visitabile fino a mercoledì 5 novembre, presso il Parco archeologico del Colosseo, la mostra Magna Mater tra Roma e Zama, un progetto espositivo internazionale che intreccia archeologia, mito e cooperazione culturale tra Italia e Tunisia. Promossa dal Parco archeologico del Colosseo in collaborazione con l’Institut National du Patrimoine Tunisien, è curata da Alfonsina Russo, Tarek Baccouche, Roberta Alteri, Alessio De Cristofaro e Sondès Douggui-Roux con Patrizio Pensabene, Aura Picchione e Angelica Pujia. Al centro dell’esposizione è la figura della Magna Mater, la Grande Madre. FtNews ha intervistato il prof. Patrizio Pensabene, che dal 1977 al 2003 ha diretto gli scavi del tempio della Magna Mater sul Palatino. Dopo aver parlato dell'esposizione allestita al Colosseo, lo studioso si è soffermato sulle circostanze che determinarono l'introduzione a Roma del culto di Cibele e sulle caratteristiche che tale culto assunse nell'Urbe.

Prof. Pensabene, il 5 novembre 2025 chiuderà i battenti la mostra Magna Mater tra Roma e Zama, allestita al Parco archeologico del Colosseo. Come e per iniziativa di quali realtà è nata questa esposizione?
La mostra Magna Mater tra Roma e Zama è un progetto espositivo internazionale che intreccia archeologia, mito e cooperazione culturale tra Italia e Tunisia. Promossa dal Parco archeologico del Colosseo in collaborazione con l’Institut National du Patrimoine Tunisien, è curata da Alfonsina Russo, Tarek Baccouche, Roberta Alteri, Alessio De Cristofaro e Sondès Douggui-Roux con Aura Picchione, Angelica Pujia e il sottoscritto. Al centro dell’esposizione è la figura della Magna Mater – la Grande Madre – antica divinità dalle molteplici identità (Kubaba, Cibele, Kybele, Meter Theon), venerata per oltre un millennio in Anatolia, Grecia e Roma. La mostra ne ripercorre origini e trasformazioni, dal culto frigio all’adozione ufficiale a Roma nel 204 a.C., quando, secondo il responso dei Libri Sibillini, la sua immagine aniconica fu trasferita da Pessinunte al Palatino, divenendo simbolo di salvezza e rigenerazione per l’Urbe.

Come è strutturato il percorso espositivo?
Il percorso espositivo si snoda attraverso sei sedi all’interno del Parco, offrendo un viaggio immersivo nella storia e nella diffusione del culto della Magna Mater. Particolarmente significativa è la sezione allestita nel Tempio di Romolo, che presenta per la prima volta al pubblico le opere provenienti dagli scavi di Zama Regia, straordinarie evidenze archeologiche della presenza del culto della Magna Mater nel Nord Africa romano. La Curia Iulia amplia la prospettiva alle province dell’Impero, dall’Egitto alle Gallie, dalla Tracia alla Britannia, con una riflessione sulla diffusione e trasformazione del culto in epoca tardoantica. Sul Palatino, alle Uccelliere Farnesiane, i visitatori possono esplorare le radici orientali della dea e la loro trasmissione nel mondo greco ed ellenistico, con un focus particolare sul carattere misterico del culto. Il Tempio della Magna Mater ospita una sezione dedicata all’introduzione del culto a Roma durante la Seconda guerra punica; questa sezione mette in evidenza i significati politici e storici dell’evento. Il Ninfeo della Pioggia propone un’installazione emozionale che restituisce suoni, gesti e simboli della ritualità romana legata al culto. La mostra si chiude al Museo del Foro Romano con una selezione di opere d’arte che illustrano la fortuna iconografica, letteraria e filosofica della dea tra Rinascimento e Seicento. Al centro della mostra c'è il legame simbolico e religioso tra il santuario africano e quello romano del Palatino, cuore del culto della Magna Mater nell’Impero.
Alla mostra si accompagna un catalogo. Come è strutturato?
Il catalogo presenta per la prima volta al pubblico lo straordinario ritrovamento del santuario tunisino di Zama dedicato alla Grande Madre degli Dei e al suo compagno Attis, nel quadro di una più ampia ricostruzione storica e archeologica incentrata sul culto della dea nel Mediterraneo, dalle sue origini anatoliche alla fine dell'Impero romano. Saggi di specialisti internazionali arricchiscono un catalogo di oltre 100 opere di arte antica e moderna, in un racconto che conduce il lettore nel mondo della Magna Mater alla scoperta di feste, riti, storie di fede, politica e vita quotidiana.

Professore, dal 1977 al 2003 lei ha diretto gli scavi del tempio della Magna Mater sul Palatino. Perché il senato romano decise di introdurre il culto di Cibele a Roma e di costruire il santuario della dea all'interno delle mura della città, nonostante fosse una divinità "straniera"?
La decisione del senato romano di introdurre il culto di Cibele a Roma fu sostenuta dalle famiglie più influenti e colte dell'epoca. Verso la fine del 205 a.C. venne inviata un'ambasceria a Pessinunte, sede di un santuario-stato al confine tra la Frigia e la Galazia, dove si trovava il centro principale del culto di Cibele: gli ambasciatori, con la mediazione del re di Pergamo Attalo I, ottennero una pietra nera meteoritica, conservata a Pessinunte, che era considerata il simbolo di Cibele. L'introduzione di Cibele a Roma acquista un importante significato politico, poiché indica come Roma rivendichi il suo ruolo di potenza paritaria a quelle orientali. Tant'è vero che torna in auge il mito dell'origine troiana di Roma, che è connesso con Cibele, in quanto Enea, quando fuggì da Troia in fiamme con il padre Anchise sulle spalle, si rifugiò la prima notte nel santuario di Cibele sul monte Ida. Al momento dell'introduzione del culto di Cibele e della pietra nera si decise di costruire il santuario della dea all'interno delle mura della città, addirittura nel luogo più sacro di Roma, il Palatino. Normalmente i luoghi di culto delle divinità "straniere" introdotte nella città dovevano per obbligo di legge essere costruiti fuori del pomerio. In questo caso si fa un'eccezione, perché si considera Cibele come dea indigena, come dea protettrice del mitico fondatore di Roma e quindi come protettrice della città stessa.

Perché a un certo punto si avvertì l'esigenza di un nuovo luogo di culto metroaco? Dove e in quale contesto storico venne costruito?
Da evidenze archeologiche e da vari indizi nelle fonti si può desumere che l’età claudia rivesta una particolare importanza per il culto di Cibele e Attis a Roma: sarebbero stati costruiti allora, nell’area vaticana, il Frigiano e il Circus Gai, che riproporrebbero il rapporto tra Santuario della Magna Mater sul Palatino e il Circo Massimo, ma all’età claudia rimandano anche la fondazione della festività degli Hilaria, che si svolgeva sul Palatino, e il potenziamento dei Dendrofori attraverso una nuova sede sul Celio. Tutto ciò conferma anche l’importanza che assumono ora ufficialmente il cerimoniale e i riti connessi direttamente ad Attis. Stando così le cose, bisogna ritenere che il ruolo della politica religiosa claudia è stato ancora maggiore di quanto si sia pensato finora, anche nei rispetti del culto metroaco, ma si può anche ipotizzare che la natura dei riti religiosi richiesti dal suo evolversi imponevano una sede diversa da quella del Palatino, che invece era strettamente connessa ai miti di fondazione della città e al prevalente aspetto di Cibele come divinità salutaris, protettrice di Roma e, dunque, cinta di corona turrita. Nel famoso rilievo di Villa Medici, risalente all'età claudia, in cui è riprodotto il Tempio della Magna Mater, la corona turrita poggia sul trono vuoto. Tale raffigurazione è da collegare con il sellisternium, cioè con la rappresentazione della divinità “assente, ma presente” tramite il trono su cui doveva sedere. La consapevolezza dell’origine frigia delle connessioni con il mito troiano non si è mai persa nella tradizione religiosa romana. Era stata conservata anche la tradizione misterica del culto, espressa dalla presenza dei coribanti ai lati del trono vuoto di Villa Medici e di tante altre rappresentazioni di Cibele. Gli aspetti frigi, e dunque le vicende che connettono Cibele ad Attis, con la relativa promessa di sussistenza al di là della morte, basilare per il culto metroaco e per il suo successo anche popolare, rimangono quindi parti essenziali dei cerimoniali che si svolgevano sul Palatino. A maggior ragione la necessità del nuovo luogo di culto vaticano deve essere considerata alla luce dello sviluppo, fin dal suo nascere, di aspetti che dovevano essere separati da quelli presenti nel santuario palatino.
Magna Mater tra Roma e Zama, Magna Mater del Palatino, Parco archeologico del Colosseo
Come evolve il culto metroaco nella Roma imperiale? In particolare, come cambia il ruolo di Attis?
Bisogna considerare che un luogo di culto dedicato alla catarsi attraverso il rito del taurobolio, quale è il Frigiano del Vaticano, meglio si accorda ad una accentuazione del ruolo di Attis quale elemento chiave dello sviluppo in senso misterico del cerimoniale, infatti la vicenda di Attis è sempre più al centro della struttura interpretativa religiosa e filosofica che viene data al culto metroaco. È la "specializzazione" del Frigiano vaticano come luogo del taurobolio, ma forse anche – soprattutto per il II secolo e l’età severiana – come tempio di culto imperiale, come rivelerebbero analogie con il "Tempio Rotondo" di Ostia, a differenziarlo sempre più dal Santuario della Magna Mater sul Palatino; in quest’ultima sede, infatti, gli aspetti della dea legati alla protezione di Roma e ai suoi miti di fondazione, che appunto ne determinarono la sua costruzione proprio sul Palatino accanto alla Casa Romuli, coesistono con il carattere sempre più mistico delle cerimonie rituali legate alle vicende di Cibele e Attis, che erano ripercorse durante le festività degli Hilaria.

Cosa sono gli Hilaria. Dove si svolgevano?
Con la denominazione di Hilaria vengono indicate le cerimonie di marzo, celebrate nel I-II secolo a Roma e in altri centri dell’impero in onore di Cibele e Attis, le cui vicende mitiche sono rivissute in un complesso rituale, definibile frigio. Probabilmente la sede degli Hilaria era il santuario metroaco del Palatino. Gli scavi da me condotti sul Palatino hanno evidenziato un’importante fase di trasformazione del santuario proprio nella prima metà del I sec. d.C., quando venne costituita all’interno della sua area una serie di ambienti di cui ignoriamo quale fosse l'esatta funzione, ma possiamo ipotizzare servissero anche come sede di alcuni dei riti che accompagnavano le cerimonie.
Degli Hilaria facevano parte varie cerimonie nelle quali dominava la figura di Attis. Alcuni episodi di queste festività rimandano con una certa sicurezza al loro svolgersi presso il santuario palatino. Ci si riferisce in particolare alla cerimonia del 22 marzo, quando si svolgeva la processione dell’Arbor intrat, con il trasporto, da parte dei Dendrophori, del pino che doveva essere tagliato prima dell’alba. Il corteo, definito funeris pompa, partiva dal Celio, forse sede del boschetto sacro di Attis. L’altra importante ricorrenza era quella del 25 marzo, quando l’effigie di Cibele sul carro, con accanto Attis, veniva trasportata probabilmente lungo la Via Trionfale, attraverso la città. La partenza doveva essere dal santuario palatino, come conferma la presenza anche di Vittoria nella processione, mentre varie tappe venivano effettuate presso i templi connessi con Cibele, come quello di Bellona accanto al Teatro Marcello; percorso il Campo Marzio, la processione probabilmente terminava al pons Neronis.

Prima ha affermato che il Frigiano era il luogo del taurobolio. Che tipo di rito è il taurobolio? Come cambiò nel corso del tempo?
Nell'iscrizione di Lione proveniente dal locale santuario metroaco si fa esplicito riferimento al taurobolio come rito pubblico compiuto pro salute dell’imperatore e della sua famiglia. Da questa iscrizione sappiamo che a Roma c'era il santuario Vaticano, che era, diciamo così, specializzato in un particolare atto del rituale frigio, il taurobolium, che è da ritenere nuovo rispetto alle precedenti modalità di culto, in quanto non fa parte degli originari riti che accompagnavano il culto della Magna Mater palatina e di altri santuari del Mediterraneo nel periodo repubblicano e primo imperiale. L’introduzione del taurobolio risponde ad una politica di adeguamento del culto “nazionale” metroaco alle nuove esigenze religiose di carattere sempre più esotico ed esoterico che si andavano diffondendo nell’impero e che spiegano il perché il rito del taurobolio vada man mano perdendo il suo carattere “statale” di cerimonia prevalentemente sacrificale, destinato alla figura dell’imperatore, per acquistarne uno maggiormente legato alle aspirazioni religiose dell’individuo.

Quale messaggio si augura sia arrivato ai visitatori della mostra?
La mostra Magna Mater tra Roma e Zama è un esempio concreto di diplomazia culturale tra Italia e Tunisia, è il risultato della cooperazione tra studiosi, istituzioni e restauratori dei due Paesi. Ciò dimostra che la valorizzazione del patrimonio condiviso può diventare un efficace strumento di dialogo, ricerca e sviluppo sostenibile. Ecco, vorrei fosse arrivato questo messaggio.
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