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Aspettando l’8 marzo...

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sabato, 07 marzo 2015 21:37

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Rosario Pesce
Il giorno dedicato alla donna, l’8 marzo, č di per sé occasione utile per promuovere una riflessione intorno alla condizione femminile, visto che – ormai, in tutto il mondo – tale ricorrenza č diventata un evento memorabile, che mobilita centinaia di migliaia di donne, che festeggiano il riscatto della loro condizione, un tempo servile, ed - oggi - finalmente giunta ad una paritŕ non solo formale.
Č vero che, tuttora, quello femminile č - ancora - il sesso debole, perché, in alcuni ambiti sociali, permane il primato maschile, ma ormai la condizione femminile ha raggiunto, almeno, nel mondo occidentale uno standard accettabilissimo, ben differente da quello, purtroppo, vigente in altre aree: gli esempi dei Paesi del Terzo Mondo e di religione islamica sono solamente quelli che, piů immediatamente, ci raccontano di una donna schiava, ma non sono gli unici, che possono essere fatti con le dovute ragioni.
In politica, in Occidente, la donna ha realizzato, nel giro di poche decine di anni, un livello di promozione rilevante, a tal punto che, in diverse Amministrazioni statali, le donne sono giunte al vertice, occupando posti di responsabilitŕ, che costituiscono invero un fattore di orgoglio per coloro che, nei decenni scorsi, hanno combattuto per promuovere il ruolo femminile, anche, oltre il mero habitat domestico.
Certo č che, sull’altare della paritŕ fra generi, la societŕ, per altro verso, ha pagato un prezzo alto, dato che quello patriarcale era un consesso nel quale la famiglia costituiva un nucleo essenziale, in virtů del lavoro quotidiano, che le mamme sapevano garantire a vantaggio dei loro figli e dei loro mariti.
Invece, con l’ingresso della donna nei luoghi sociali, un tempo solo maschili, ineluttabilmente il cenacolo familiare č entrato progressivamente in crisi, dimostrando i limiti di una politica, che, per un verso, ha realizzato la promozione del gentil sesso, ma per altro non ha garantito, in modo uguale, interessi deboli, come quelli dell’infanzia, cui era dedita l’antica matrona romana.
La donna, comunque, diventata professionista, ha contribuito in modo decisivo alla crescita dei comparti lavorativi, nei quali ha fatto ingresso: essa tende, infatti, a portare in queste dimensioni la forza della propria sensibilitŕ, per cui, diversamente dall’uomo, piů incline al compromesso, ha una maggiore tensione morale (forse, uterina?) ed č pronta a difendere i valori, nei quali crede, con un coraggio ed una forza leonini, che mancano – talora – a noi maschi, piů propensi alla mediazione ed al conseguimento del mero utile individuale.
La donna, quindi, ha impresso una svolta importante nella mentalitŕ comune, contribuendo a fare della societŕ, dei luoghi di lavoro e del tempo libero delle autentiche comunitŕ, dove la passione, il sentimento prevalgono rispetto alla razionalitŕ fredda tipica di chi - come il maschio - č erede di secoli ininterrotti di una gestione e di una direzione standardizzate del Bene pubblico, piů orientate secondo i principi della mera ragione efficiente.
Dunque, non si puň non riconoscere il primato femminile, conseguito con lotte, che, nate nell’Ottocento, non sono ancora terminate, visto che, spesso, la donna si deve difendere, finanche, da un errato concetto di ugualitarismo, che, molto ipocritamente, la rende debole, pur volendo promuovere l’effetto opposto.
Ad esempio, in politica si registrano, a volte, situazioni non comprensibili: chi scrive č contrarissimo alle riserve di posti, che vengono concepite in favore del gentil sesso, quando sono scritte le leggi elettorali, visto che una donna dovrebbe entrare in Parlamento quando, effettivamente, č piů brava del maschio ovvero quando riesce ad acquisire consenso in modo agevole e non per effetto di una riserva di legge, che nasconde – talora – dinamiche poco virtuose.
Quante Olgettine - di Destra, come di Sinistra - hanno fatto carriera, grazie a quegli automatismi iniqui, previsti dalle leggi emanate di recente dal Parlamento italiano, per cui la figura femminile si č svilita vieppiů, proprio nel momento in cui si riteneva, invece, di portarla ad essere protagonista nel luogo piů rappresentativo ed alto dello Stato e della democrazia del nostro Paese?
D’altronde, la cultura odierna, in materia di paritŕ fra i sessi, nasconde - a volte - delle dinamiche ipocrite, che rischiano solo di ammantare di una falsa aureola progressista ciň che č, invece, il frutto scellerato di meccanismi di azione e di ragionamento, che nascondono una tendenza sessista.
Quando, quindi, si realizzerŕ il definitivo salto di qualitŕ?
Quando l’emancipazione sarŕ completa, tenendo conto del fatto che lo strumento di liberazione primario dal bisogno - sia economico, che morale - č rappresentato dalla crescita professionale di chi non dovrŕ cosě piů essere dipendente – in vista del proprio sostentamento – dal marito o dal compagno?
Naturalmente, un pensiero ed un sentimento di empatia non possono non andare al maschio, il cui ruolo nella societŕ ha suběto, ineluttabilmente, la spinta del protagonismo femminile: in qualitŕ di marito, padre, figlio, compagno, fidanzato, riuscirŕ egli, dunque, a salvare ed a ridefinire un legittimo e condiviso primato, che non mortifichi le giuste aspirazioni femminili e sia compatibile con le istanze morali di una societŕ in fortissima evoluzione?
O, forse, in suo soccorso dobbiamo invocare l’intervento delle associazioni di volontariato, che si prendono cura delle specie animali in via di estinzione?
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