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L’infanzia di Aleppo

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martedě, 27 dicembre 2016 07:10

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Foto dal sito: www.unicef.ch
Rosario Pesce
Quando si consumano le grandi tragedie, come nel caso della guerra in Siria, sono sempre i piů deboli che pagano il prezzo piů alto.
Ovviamente, i piů deboli – per definizione – sono i bambini, che con la loro innocenza sono indifesi dalle atrocitŕ, che l’uomo č in grado di portare contro i suoi simili.
Morti, ferite non solo le uniche cose atroci cui possono andare incontro.
Molto spesso, finanche quando riescono ad evitare di subire danni fisici, essi porteranno con sé, per tutto il resto della loro esistenza, il dramma dei bombardamenti, delle violenze che hanno subito loro o i loro genitori o i loro cari.
La psicologia di tali bambini subirŕ danni e lesioni, che nessun professionista dell’animo umano sarŕ in grado di rimettere a posto.
Vedere un genitore morire, una madre violentata, un fratellino morire sotto i colpi di eserciti invisibili, sono tutti eventi che pregiudicheranno, per sempre, il rapporto che questi bambini avranno con gli altri uomini, finanche quando saranno adulti.
Il loro sorriso non sarŕ piů quello di un tempo; avranno perso l’innocenza, per cui ogni tentativo di far loro godere i piaceri della vita, molto probabilmente, andrŕ sempre destinato al fallimento. Ma, perché tutto questo?
Perché il nostro Dio (o qualsiasi altro Dio, se esiste in forme diverse da quelle cristiane) consente che il mondo degli innocenti possa subire violenze cosě atroci, che distruggono l’essere umano sin dalle sue fondamenta?
Millenni di teodicea hanno cercato di spiegare le ragioni della presenza del Male nella nostra societŕ, ma i fatti ignobili si ripetono, comunque.
Dai bambini uccisi nei campi di concentramento dei Nazisti a quelli morti ad Aleppo sono trascorsi, circa, settant’anni, ma – a quanto pare – la storia non č stata, per nulla, maestra di vita.
Anzi, la violenza non solo si ripete contro i piů deboli, ma sembra che riproduca una logica assai perversa nelle cose umane, per cui non solo il Male assoluto non viene sconfitto, ma diviene sempre piů pervicace e diffuso.
Forse, č questo il destino dell’umanitŕ? Aver creato potenti strumenti di morte, che vengono sistematicamente utilizzati contro coloro che non hanno mezzi per difendersi?
O, forse, l’uomo, al fondo della sua natura, č cosě sadico da divertirsi nel vedere la sofferenza di chi non merita di piangere o di essere triste?
O forse, molto piů semplicemente, l’uomo č la somma delle sue sofferenze e Dio ha riservato la sofferenza, anche, all’infanzia semplicemente come monito di ciň che non dovrebbe essere e che, invece, puntualmente č?
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