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A Roma commemorati per la prima volta i martiri dell'eccidio di Castua del '45

venerdì, 12 maggio 2017 11:55

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Fabrizio Federici
Settantadue anni fa, nel maggio 1945, in Istria e nelle regioni limitrofe iniziava la “Stagione delle foibe”, coi massacri, di stampo stalinista, perpetrati dai partigiani titini jugoslavi ai danni di migliaia di italiani, che spesso non avevano avuto alcuna responsabilità nelle vicende legate a quella che era stata la sovranità italiana su Istria e Dalmazia dal 1918 in poi (dallo Stato liberale al ventennio fascista) e negli anni sanguinosi della Seconda guerra mondiale (sino al biennio ’43- ’45, quando, dopo la prima caduta del fascismo, tali zone erano cadute sostanzialmente sotto il pieno controllo nazista).
Dopo la fine della guerra, 594 italiani scomparvero da Fiume: diversi finirono, probabilmente, nella vicina foiba della Bezdanka; altri in fosse comuni, come anzitutto quella di Castua/Kastav (10 km. da Fiume, che ricorda sinistramente le fosse comuni scoperte, pochi anni fa, a Komunarka, nei dintorni di Mosca, coi resti di centinaia di vittime delle repressioni sovietiche degli anni ’20-’30). Il 4 maggio 1945, proprio a Castua, i titini uccidevano, senza processo, un gruppo di cittadini italiani. Durante la ricerca congiunta sulle vittime di nazionalità italiana a Fiume e dintorni (dal 1939 al 1947), condotta, anni fa, dalla Società di Studi Fiumani di Roma (principale organismo che, col suo Museo Storico, documenta la storia di Fiume e il dramma delle foibe e dell’esodo dalle terre istriane, fiumane e dalmate, di ben 300.000 italiani) e dall’Istituto Croato per la Storia di Zagabria, è stato possibile accertare le generalità di alcune vittime uccise e il luogo della loro sepoltura.
Si tratta appunto d’una fossa comune, senza alcun segno distintivo. Tra i caduti accertati figurano il Senatore del Regno Riccardo Gigante (politico, giornalista e imprenditore, dal ’30 al ’34 podestà di Fiume, poi nominato nel 1943, dalla RSI, governatore della provincia di Fiume: e che tuttavia, sul quotidiano fiumano “La vedetta d’Italia”, nel mese scorso in cui era stato in carica, aveva criticato la politica di italianizzazione forzata degli anni precedenti), il giornalista Nicola Marzucco (già legionario fiumano), il maresciallo della Guardia di Finanza Vito Butti e il vicebrigadiere dei carabinieri Alberto Diana.
Da diversi anni è stata avanzata la richiesta di riesumazione e recupero dei resti di questi nostri connazionali dalla Società di Studi Fiumani al nostro Ministero della Difesa, e quindi alla struttura competente, il Commissariato Generale per le Onoranze ai Caduti in Guerra. “La fossa comune - ricorda lo storico Marino Micich, direttore dell’Archivio-Museo Storico di Fiume - si trova nel bosco della Loza (1 km. di distanza da Castua); anni fa, ci fu una visita sul luogo dell’allora Generale commissario di Onorcaduti, Scandone, ma poi non si fece più nulla. Ora, coi rapporti più aperti tra Italia e Croazia c’è una nuova possibilità di riaprire il fascicolo e giungere a una dignitosa conclusione”.
Dal 1999 in poi comunque, in accordo col parroco locale, il croato Don Jurcevich, la Società di Studi Fiumani, ogni 4 maggio, ha fatto dire una Santa Messa in ricordo di questi caduti. Quest’anno, per il 72° anniversario dell’eccidio, una celebrazione religiosa si è tenuta ultimamente anche a Roma, nella Chiesa di Santa Maria in Aquiro presso l’Istituto Isma del Senato, in Piazza Capranica. Erano invitate le autorità politiche, militari, civili e diplomatiche, le rappresentanze delle Associazioni combattentistiche e d’arma; molto importante è stato l’invito ufficiale a partecipare rivolto dalla Società (presieduta attualmente dal fiumano Giovanni Stelli, collaboratore dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli) ai ministri degli Esteri, Alfano, e della Difesa, Pinotti, e la richiesta di patrocinio trasmessa al Presidente del Senato, Pietro Grasso.
Personalmente rileviamo che, se nelle sfere ufficiali, oggi c’è finalmente più consapevolezza di quello che è stato, dal 1943 al 1958, il dramma delle foibe - una vera “Katyn dell’Adriatico” - e dell’esodo giuliano-dalmata (l’abbiamo constatato per la commemorazione ufficiale del “Giorno del ricordo” istituito dalla legge del 2004, il 10 febbraio alla Camera), così non è in gran parte della cultura popolare più legata alla sinistra, specialmente comunista.
Se da anni si assiste, in varie parti d’Italia (ma soprattutto al nord), all’organizzazione, nei giorni intorno al 10 febbraio, di convegni negazionisti del genocidio delle foibe (perfetto equivalente stalinista di quelli negazionisti della Shoah), che addirittura rilasciano crediti ECM (!), a Trieste pochi giorni fa, il 1 maggio, s’è raggiunto senz’altro il colmo.
In pieno centro della città, i neostalinisti dei nostri tempi (con dimostrazione, tra l’altro, d’un “masochismo politico” a dir poco inconcepibile, oggi) hanno festeggiato la festa del Lavoro: sventolando - come potete vedere dalla foto che pubblichiamo - le stesse bandiere del ’45, della Jugoslavia titoista (Trieste, poi, è città che ha sofferto anch’essa, con tributo di sangue, il dramma di quegli anni, sino al ritorno all’Italia del 1954).
Ci domandiamo, tra l'altro: a cosa è servito il coraggio indubbiamente dimostrato, pur coi noti "distinguo" e ambiguità, nel 2005 dall'allora segretario di Rifondazione, Fausto Bertinotti, organizzando, per la prima volta, un convegno di sinistra più obbiettivo proprio sul dramma delle foibe?
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12/05/2017 15:28:06
da: alecavaterra@hotmail.com a: info@ftnews.it
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Nome: Alessandra Cavaterra
Messaggio: Ottimo articolo, molto documentato
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