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Una legge pericolosa

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sabato, 03 giugno 2017 11:09

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Rosario Pesce
Quella, che il Parlamento sta varando, è una pericolosa legge elettorale, per le conseguenze politiche che può determinare.
Infatti, immaginare che l’impianto sia proporzionale puro, solo corretto da una soglia di sbarramento (qualunque essa sia) ci inquieta non poco.
È evidente che, così facendo, il Parlamento passa dalle ipotesi iper-maggioritarie, bocciate dalla Consulta, ad un dispositivo che non assicura la governabilità, visto che nessuna delle liste è in grado di prendere la maggioranza assoluta dei seggi, in assenza di un premio di maggioranza.
Peraltro, non ci piace affatto l’idea delle liste bloccate, perché rende i parlamentari dei nominati e non degli eletti, con uno scarso potere contrattuale rispetto ai capibastone ed ai segretari nazionali, che li nominano allo scranno di Montecitorio o di Palazzo Madama.
Inoltre, è evidente che un sistema siffatto non possa che compulsare la nascita di maggioranze spurie, che invero non saranno di aiuto per la chiarezza politica.
Ad oggi, le liste, che hanno la certezza di superare la soglia di sbarramento del 5%, sono pochissime: PD, Forza Italia, Lega e M5S.
Pertanto, se rimanessero solo queste le forze in grado di entrare in Parlamento, è chiaro che, per dare un Governo al Paese, sarebbe necessario o un accordo Berlusconi-Renzi o un’intesa Lega-M5S.
In entrambi i casi, comunque, le maggioranze non sarebbero omogenee e, soprattutto, sarebbero molto deboli, perché esposte alle critiche della pubblica opinione, sin dalle prime battute.
È, anche, ovvio che, se il Parlamento odierno si orienta verso questa ipotesi, non si può certamente rovesciare le decisioni degli attuali Senatori e Deputati, ma non si può neanche tacere sulle conseguenze, che ne deriverebbero.
Venti anni di cultura maggioritaria, nel nostro Paese, andrebbero persi, senza un beneficio vero per il Paese, visto che, di fatto, si tornerebbe al dispositivo di voto della Prima Repubblica, quando tutte le forze democratiche del Paese si coalizzavano fra di loro per lasciare all’opposizione i Comunisti e gli eredi dei Fascisti.
Oggi, bisognerebbe fare una coalizione ampia per lasciare in minoranza i Grillini e la Lega, portando così al Governo le forze, che sono filo-europee e che non cadono in facili e pericolosi atteggiamenti populistici.
Pertanto, i Governi nascerebbero “contro” qualcuno o qualcosa e non “a favore”, nel solco di una consolidata tradizione dell’Italia, che vede il nascere ed il disfarsi delle alleanze politiche in nome della lotta contro un comune nemico, in assenza di elementi accomunanti ben più forti e saldi.
Ma, siamo certi che, per tal strada, il Governo si reggerà?
O andremo incontro ad un ulteriore periodo di instabilità, come ai tempi della Prima Repubblica, quando i Dicasteri duravano il lasso temporale di una stagione?
Peraltro, ci dispiace – e non poco – per Renzi, che agogna tuttora l’immagine ed il ruolo del segretario nazionale del PD ai vertici di un Governo ampio e forte, ma, percorrendo i sentieri del proporzionale puro, saranno in primis le correnti del suo partito a suggerirgli la distinzione – ovvia e giusta – fra la funzione di indirizzo e guida del partito e quella del Governo, secondo uno schema consolidato della nostra democrazia parlamentare.
Si vede proprio che, per eterogenesi dei fini, si realizzerà, a breve, ciò che nessuno avrebbe mai agognato, né sperato.
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