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Dylan Dog #341 - Al servizio del caos

mercoledì, 04 febbraio 2015 18:29

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Mikimoz Capuano
Il nuovo corso dylandoghiano trova finalmente compimento in questo albo, dopo il non troppo esaltante pensionamento dell’ispettore Bloch e l’arrivo di due nuovi poliziotti (un nero ed una musulmana) che puzzano di politically correct a un kilometro.
Ma qui è tutt’altra storia. L’albo di gennaio è una vera potenza e presenta finalmente al lettore il tassello mancante nel puzzle della rivoluzione gestita dal capace Roberto Recchioni.
Questo tassello ha un nome: John Ghost. Un ricco, affascinante e giovane imprenditore dal passato misterioso che applica la teoria del caos: lui muove le pedine sulla scacchiera mondiale, portando ordine (il suo o di coloro per cui lavora) nel disordine. Che dopo tutto è disordine in un ordine precedente.
Ha classe, John Ghost. E’ il perfetto contraltare di Dylan Dog, eppure è costretto ad affidarsi all’Indagatore dell’Incubo per risolvere un caso che coinvolge l’ultima creazione delle sue industrie informatiche: uno smartphone.
Così all’avanguardia che la gente ucciderebbe per averlo. Ma quale forza oscura c’è dietro tutto questo?
Una critica al consumismo sfrenato, certo, ma la storia si addentra nei meandri della comunicazione e dei suoi sistemi: cos’è, in fondo, una notizia? Cosa fa notizia?
La risposta è vera e spietata: Dylan si trova a fare i conti con un Bambino Indaco al servizio di un progetto di continuo rinnovamento su scala globale, fino al colpo di scena finale.
Un albo come non se ne leggevano da tempo, scritto dallo stesso Recchioni e disegnato da Angelo Stano e Daniele Bigliardo. Una vicenda diversa, che apre a infinite possibilità e che ricorda un pò le atmosfere di Nemrod, altro fumetto italiano prematuramente concluso e che aveva affrontato tematiche analoghe.
Non mancano nemmeno gli omaggi, da James Bond a Alan Moore. E non si può non pensare a Eva Kant guardano l’algida Elizabeth Moon, spalla di John Ghost, che pare la versione meno nobile e più grezza della compagna di Diabolik.
Un Dylan Dog che, sicuramente più dei precedenti della nuova gestione, è destinato ad essere ricordato dai fan. O quantomeno a farli discutere.
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