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Questione di feeling

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sabato, 04 novembre 2017 22:15

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Rosario Pesce
Come recita il titolo di una celeberrima canzone degli anni scorsi, la vita è questione di feeling.
A quanto pare, nella politica italiana di feeling ce ne sta molto poco, sia tra una forza e l’altra, che all’interno delle stesse formazioni.
Guardando bene sia a Sinistra che a Destra, il conflitto rappresenta la condizione permanente, che non permette poi, a chi arriva al Governo, di svolgere il proprio mandato elettorale nel modo migliore possibile.
Peraltro, è un dato che la politica italiana continui a ragionare con delle categorie, che non sono più appropriate.
Gli stessi concetti di Sinistra e Destra sembrano, ormai, vecchi arnesi del mestiere, che poco o nulla hanno a che fare con la modernità dei nostri tempi, all’insegna della decostruzione di tutto ciò che possa avere, tuttora, un fil rouge con il passato ereditato dall’Ottocento e dal Novecento.
È evidente che l’impazzimento della dinamica politica non possa che rispecchiare una condizione oggettiva della società odierna, che non solo vive un tristissimo momento economico, ma in particolare sembra priva di punti di riferimento che siano, effettivamente, inclusivi e che consentano di tenere insieme (o di tentare di farlo) la complessità del reale.
La stessa religione, che pure dovrebbe essere un cemento della società, invece è molto spesso un acceleratore di conflitti, visto che l’antitesi fra il Cristianesimo e l’Islam, su scala mondiale, non può che essere foriero di una condizione di bellicosità, finanche, laddove non ha senso alcuno la contrapposizione fra chi crede in Cristo e chi, invece, nel Profeta.
È ovvio che, poi, ad una condizione siffatta si aggiungono coloro che, con grande maestria, soffiano sul fuoco, all’unico scopo di trarre vantaggio da una complessità, che non si riesce a ridurre ad un fattore semplificativo e sintetico del molteplice.
Pertanto, le forze centrifughe prevalgono in modo netto e significativo, rendendo vano, se non impossibile, ogni virtuoso tentativo di gestione e di governo del reale.
Cosa si può fare, allora?
Rimanere vittima di chi gioca al massacro delle generazioni attuali e del futuro dei nostri figli?
È ovvio che non la si può dare vinta a chi, tuttora, si contrappone a chi agisce in nome della saggezza e dell’intelligenza, cercando di dare un esito alla crisi di inizio terzo millennio. Ci riusciremo o rimarremo vittima di chi, in nome di un falso Dio, è pronto a farsi esplodere in aria ovvero, con altrettanto spirito criminale, sottrae sistematicamente ricchezze alla nostra società, per meglio gestirle altrove?
Certo è che peggiore e più originale inizio di millennio non potevamo avere.
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