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Raffaella De Sanctis, tra scuola e ricerca

martedì, 04 settembre 2018 17:45

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prof.ssa Raffaella De Sanctis
Francesca Bianchi
FtNews ha intervistato la prof.ssa Raffaella De Sanctis, insegnante di lettere presso l'Istituto di Istruzione Superiore "Meucci" - Liceo Scientifico Opzione Scienze Applicate di Castelfidardo (AN). La docente ci ha raccontato dei tanti interessi coltivati nel corso della carriera, iniziando da quello per la figura di Francesco Patrizi da Cherso, filosofo e scrittore dalmata che la De Sanctis ha avuto modo di studiare approfonditamente, ravvisando una continuità tra il pensiero di questo autore e le tradizioni filosofiche rinascimentali. La prof.ssa De Sanctis ha parlato, poi, del suo ruolo di insegnante di sostegno, soffermandosi sul tema dell’educazione artistica e della sensibilità estetica e museale per non vedenti e ipovedenti e ha spiegato come è possibile insegnare le varie materie scolastiche a chi è privo della vista e a quali metodi didattici si debba ricorrere per un'educazione completa dei ragazzi ciechi.
Infine ha parlato del suo lavoro di insegnante di lettere al Meucci, un ruolo che svolge con passione ed entusiasmo, coinvolgendo i suoi studenti in numerose iniziative e progetti su tematiche legate al modo femminile, fiduciosa di trasmettere alle nuove generazioni una cultura del rispetto e della valorizzazione dei talenti, al di là di ogni stereotipo o pregiudizio.

Prof.ssa De Sanctis, all'inizio della Sua carriera si è occupata molto della figura del filosofo e scrittore dalmata Francesco Patrizi da Cherso, vissuto nel Cinquecento, la cui vita è stata ricostruita attraverso vari documenti e biografie di autori della sua epoca. Come è nato il Suo interesse verso la figura di questo pensatore poco conosciuto?
Nel corso della stesura della mia tesi di laurea su “La Retorica” di Bartolomeo Cavalcanti, ho preso contatti e collaborato con Eugene Ryan, Emerito Professore del North East Carolina. E’ stato proprio lui a farmi scoprire e ad avvicinarmi a Francesco Patrizi da Cherso. Il Dr. Eugene Edward Ryan, morto a 79 anni il 18 gennaio 2006, aveva conseguito il dottorato presso l'Università Gregoriana a Roma e nel 1968 aveva iniziato la sua carriera alla East Carolina University, nel Dipartimento di Filosofia. Qui ha ricoperto la carica di Presidente del Dipartimento e in seguito ha assunto il ruolo di Preside del College of Arts & Sciences. Prima del suo pensionamento, avvenuto nel 2002, ha stabilito una collaborazione accademica tra la East Carolina University e l'Università di Ferrara, in Italia. Nel 2003, spinta dall'entusiasmo del prof. Ryan, ho partecipato al Simposio che si tenne a Cres (Croazia) per dare il mio contributo alla ricostruzione della poliedrica figura del filosofo dalmata. Successivamente sono intervenuta anche nella sezione filosofica, parlando di alcuni aspetti della pedagogia nella scuola italiana.

Come si inserisce il pensiero di Patrizi nelle tradizioni filosofiche rinascimentali? Cosa L'ha affascinata del suo pensiero?
Con questa figura tanto poliedrica mi sono avvicinata anche alla visione del teatro dell’epoca, alla prospettiva filosofica dell’Accademia della Fama e a Luca Contile , insomma al mondo del Cinquecento padovano e alla misteriosa e fitta rete di contatti culturali che l’autore ha stretto con gli uomini del suo tempo. Francesco Patrizi mi ha affascinato perché ha accorciato le distanze tra le due sponde dell’Adriatico. Mi ha fatto comprendere come, al tempo, essere croati significasse quasi essere anche veneti. Questa testimonianza non è avvalorata soltanto dalle tracce storiche risalenti all’epoca romana, ma ancora oggi dalle chiese, dai conventi francescani, dalla presenza diffusa del Leone di San Marco, dalla messa in italiano in alcune occasioni specifiche e da alcuni termini dialettali.

A quali fonti ha attinto per le Sue ricerche e quali aspetti delle sue opere ha approfondito?
Quando si affronta l’opera di Patrizi, così come per Bartolomeo Cavalcanti, non si può che partire da Platone e da Aristotele. Le fonti bibliografiche consultate sono state numerose, ma sono partita essenzialmente dalle cinquecentine collazionate, ad esempio, presso la Biblioteca Marciana di Venezia, e dai documenti d’archivio citati nelle note bibliografiche delle pubblicazioni degli atti dei convegni. Dal punto di vista metodologico e strumentale posso affermare che le nozioni di “bibliografia testuale” sono state molto utili per la stesura dell’articolo sugli aspetti tipografici dell’opera del Chersino. Nello studio sulla tipografia , infatti, ho operato un confronto sulle marche tipografiche, sui relativi motti e sugli aspetti artistici e xilografici dei capilettera. In questo caso specifico si può annoverare anche una dedicatoria molto importante al Marchese Sigismondo d’Este.
Nell’articolo "Francesco Patrizi e l’Accademia della Fama”, fondata nel 1557 e fallita clamorosamente quattro anni più tardi, si scopre che Patrizi torna a Venezia nel 1560, soltanto un anno prima della chiusura dell’accademia che era stata istituita nel palazzo del patrizio e senatore Federico Badoaro, con l’assenso di Domenico Venier. Tale istituzione viene descritta dal croato come un corpo unico, le cui membra vive sono per l’appunto gli adepti. Tale descrizione ricorda un po’ “La città del Sole” di Campanella. Affrontando tale tematica ho potuto approfondire il ruolo culturale che il Patrizi svolse nella città veneziana, ma anche il suo pensiero nell’influenza che determinò la stesura dello statuto della congrega culturale.
Monumento a Francesco Patrizi nella piazza di Cherso (Croazia)
Attualmente insegna lettere all'Istituto di Istruzione Superiore "Meucci" - Liceo Scientifico Opzione Scienze Applicate di Castelfidardo (AN). Con i Suoi studenti tratta spesso temi legati al mondo femminile, affrontando la sempre più allarmante piaga della violenza di genere. Che atteggiamento hanno i ragazzi rispetto a questi argomenti?
Nel corso degli anni ho notato che gli studenti si appassionano molto a queste tematiche ed io continuo ad affrontare il tema della lotta alla violenza di genere, della parità dei sessi, della valorizzazione dei “talenti”, che prescinde dagli stereotipi, e dell’educazione ai valori. Le mie classi sono prevalentemente maschili ed è proprio per questo che non demordo dal mio intento: creare una futura generazione di uomini e donne che si rispettino a vicenda e che collaborino in ogni ambito. Bisogna, infatti, partire proprio dai ragazzi, se vogliamo sperare in un cambiamento. Abbiamo sempre partecipato a progetti, eventi locali e nazionali ed abbiamo preso parte perfino ad una trasmissione televisiva di un’emittente regionale (Vera TV), condotta dalla criminologa Margherita Carlini. Con impegno ed entusiasmo i miei studenti hanno realizzato disegni, scritto poesie e racconti, raccolto materiale e partecipato, con successo, anche a numerosi concorsi. Tutto questo, però, in una chiave storica, artistica e letteraria, senza mai perdere di vista il percorso didattico annuale.

Lei è anche insegnante di sostegno e qualche anno fa, presso l'Aula Magna della sede centrale dell’Università di Macerata, ha partecipato ad un convegno sui problemi legati all’istruzione scolastica per gli alunni minorati della vista, con una relazione sul tema dell’educazione artistica e della sensibilità estetica e museale per non vedenti e ipovedenti. Come è possibile insegnare le varie materie scolastiche a chi è privo della vista?
La ringrazio per questa domanda, perché mi da' l’occasione per parlare di un aspetto spesso trascurato, ma che è stato il mio punto di forza per la stesura della tesi di specializzazione presso l’Università di Macerata. L’intervento condotto presso l'Università ha suscitato un grande interesse, tanto che è stato pubblicato sia sulla Rivista dei Ciechi (UIC di Macerata) sia sul Portale Rivista Telematica Nuova Didattica (2005).
La tesi da me elaborata e dalla quale ho estratto le linee guida di tale intervento è stata pensata e strutturata secondo due linee direttrici: una, più generale, connessa all’acquisizione delle capacità didattiche e relazionali legate all’esercizio pratico dell’attività educativa, elaborata secondo le direttrici mediche e psico-cognitive relativamente al problema della cecità; l’altra, più specifica, relativa all’articolazione vera e propria dell’ipotesi progettuale, con la quale ho voluto illustrare come insegnare alcune discipline dell’area umanistica ad un non vedente, per renderne l’idea, in maniera scientifica e didattica, ma nello stesso tempo pragmatica. È opportuno, a questo riguardo, precisare che la ricerca ha focalizzato l’attenzione su soggetti completamente ciechi sin dalla nascita o che hanno perso la vista in tenera età e che l’approccio di riferimento ha preso le mosse dal Pragmatismo di John Dewey, cioè dall’apprendimento tramite esperienze concrete e dirette.
Infatti, il discorso elaborato dal pedagogista americano per una “scuola attiva” torna utile per vari motivi. Innanzitutto per il concetto d’interesse, che è alla base dell’apprendimento di qualsiasi allievo e, ancor più, del soggetto con handicap visivo. L’ “interesse”, in senso soggettivo, equivale ad “interessante” ed è uno stimolatore dell’attenzione. Questa è la chiave di lettura per aprire la strada all’insegnamento delle varie discipline ai ragazzi ipovedenti e non vedenti.
Copertine degli atti dei vari Simposi chersini su Francesco Patrizi
Quale senso estetico possiedono i non vedenti? Quali strategie si possono adottare per affinare il senso estetico di queste persone?
Una persona cieca non ha un senso estetico pre-definito. Se è nata cieca sarà priva di punti di riferimento. Le mani per un non vedente sono indispensabili. Nella pratica scolastica, salvo rare eccezioni, non abbiamo mai proceduto nell’apprendimento seguendo tale vettore. In questa sede posso soltanto illustrare brevemente alcune strategie possibili per insegnare ad un non vedente le varie discipline, partendo da un’esperienza di tipo estetico-artistica. Si propone un percorso inverso rispetto a quello “tradizionale”, che mette in campo prima l'esperienza della conoscenza tattile dell'opera d'arte, per arrivare successivamente allo studio dell'artista, del letterato, del personaggio storico, del contesto culturale e così via. Ad esempio, durante la visita al Museo tattile statale “Omero” di Ancona, uno dei pochi musei tattili al mondo, potrei far toccare al mio allievo il busto di un personaggio storico illustre. Dai suoi tratti somatici, fisiognomici potrei risalire alla storia e alla personalità del medesimo. Oppure, esaminerei apticamente insieme a lui le colonne doriche, ioniche e corinzie per passare, poi, a spiegargli i vari periodi della storia greca. Potrei accostarmi con il tatto ai busti e alle statue di Donatello o di Michelangelo, parlando di questi artisti e del Cinquecento, sia in storia che in letteratura. Ancora analizzerei con lo studente la disposizione delle sale e gli chiederei di fare oralmente una riflessione sulla cronologia e sulla linea del tempo. Questa base di partenza, a mio avviso, potrebbe essere un'utile piattaforma su cui ancorare gli elementi basilari per stabilire alcuni rapporti spazio-temporali e, soprattutto, per la geografia, poiché avrebbe maggior senso studiare gli stati o le regioni facendo un’esperienza tattile di certi edifici (ad esempio il Partenone, il Pantheon) collocati in luoghi specifici. Sui vari testi si trovano delle sintesi sulla didattica applicata alle varie discipline, ma una cosa è far toccare un plastico della Grecia ed un'altra è collocare tale conoscenza tattile, puramente geografica, in un quadro, sempre aptico, di riferimento molto più ampio. In ultima analisi ogni persona si formerà una propria personale conoscenza estetica, sempre in base alla propria sensibilità, ma ciò che noi docenti potremo garantire in questo caso specifico sarebbe la possibilità di non precludere loro un canale di conoscenza, un prodotto peculiare dell’animo umano: l’arte.

A quali metodi didattici si deve ricorrere per una educazione integrale dei ragazzi ciechi?
Tralascio, per brevità, di accennare ai percorsi didattici per bambini e ragazzi predisposti dal museo stesso. Mi limito semplicemente a fare riferimento alle modalità e alle strategie didattiche che un docente di sostegno dovrebbe conoscere, adottare e, spesso, inventare. Infatti, l’italiano, la filosofia, le lingue straniere, l’ed. musicale e le altre materie in cui è prevalente lo stile verbale-uditivo non costituiscono un problema per un non vedente che, di solito, si laurea in tali discipline anche con ottimi risultati. L’arte e la geografia, a quanto pare, sono tra le discipline più ostiche da insegnare e da apprendere da parte di un non vedente. Il Museo “Omero”, specializzato nella scultura e nell’architettura, e il Museo di Bologna presso l’Istituto Cavazza, con opere pittoriche di varie epoche e dei più disparati autori, sono un esempio emblematico e concreto per avvicinare all’arte chi non vede. Inoltre, attualmente quasi tutti i musei e luoghi turistici di un certo rilievo sono dotati di cuffie e registratori che illustrano il percorso, di suoni di sottofondo, di voci e di guide per i non vedenti. Anche nelle Riserve del Parco Nazionale d’Abruzzo sono stati creati particolari ed agevoli percorsi per passeggiate ecologiche in cui, a certi alberi, sono affiancate delle tavolette in Braille con la descrizione dell’esemplare botanico. Quest’ultimo esempio potrebbe prestarsi per insegnare, in maniera interdisciplinare, anche le scienze e la geografia con modalità che si avvicinano molto alla didattica proposta dai due musei citati e alle idee di Rousseau. Questa è la mia idea di educazione integrale, concetto che non può e non deve rimanere puramente teorico.

Quali progetti la vedranno impegnata nell'anno scolastico che sta per iniziare?
Nel prossimo anno scolastico, oltre alla passione per la poesia e per la scrittura creativa, mi piacerebbe approfondire con gli studenti il tema dei “valori”. In effetti, sempre nel corso di un Simposio chersino, avevo scritto un intervento sull’efficacia delle strategie educative nella scuola italiana e sulla capacità dei docenti di lasciare o meno un’orma nell’animo delle nuove generazioni, sempre più distratte da mille attività ed attrazioni extra-scolatiche. Oltre alle conoscenze, noi docenti, insieme alla famiglia, dovremmo trasmettere l’educazione e i valori universali, due obiettivi imprescindibili per un buon inserimento nella società. Dal punto di vista personale, invece, continuerò ad approfondire le mie ricerche sull’arte e sulle tradizioni locali della mia amata terra d’origine, ovvero l’Abruzzo.


1° - Su “La Pescara di Luca Contile” ho pubblicato anche un articolo (Settembrata Abruzzese, XLIX, settembre 2006, Pescara, pp. 44-45).
2° - “Some Typographical Publishing Aspects Connected with the Retorica and Historia of Francesco Patrizi” (Atti del Simposio, Synthesis Philosophica 39, I. 2005, pp. 211-220).
3° - Atti del 14° Convegno-Francesco Patrizi da Cherso e le tradizioni filosofiche rinascimentali. A cura di Ivica Martinović Cres, Hrvatska, 26.-29. 9. 2007).
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