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Al Quirino di Roma: Daniele Pecci è Mattia Pascal

martedì, 13 novembre 2018 18:18

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Fabrizio Federici
Al "Quirino" di Roma, sino al 18 novembre, un bravissimo Daniele Pecci è il protagonista de Il fu Mattia Pascal, adattamento teatrale (firmato dallo stesso Pecci) dello storico romanzo di Pirandello (scritto nel 1904, in un momento difficile della vita dell'Autore). Per la regìa di Guglielmo Ferro (figlio del mitico Turi) , Pecci - che a tratti ricorda, fisicamente, il grande Marcello Mastroianni, interprete (1985) della quarta trasposizione cinematografica del romanzo pirandelliano, firrmata da Mario Monicelli - si muove perfettamente tra polverose stanze di biblioteca (quella dove Mattia tornerà a lavorare verso la fine della sua vita, scrivendo anche la storia della sua avventura) e salotti della Roma umbertina.
Più...pirandelliano di così, diremmo, non potrebbe essere, questo romanzo del "mostro sacro" agrigentino: dominato, infatti, dai temi più tipicamente pirandelliani, come l'inquietudine esistenziale, gli intrighi familiari, la tristezza delle persone anziane. Ma soprattutto, la tormentata ricerca dell'identità personale: da parte d' un uomo onesto, ma - come il Gengè di "Uno, nessuno e centomila" -non troppo coraggioso, e trovatosi a combattere con circostanze troppo grandi per le sue forze.
La trama è universalmente nota: pressato da troppe situazioni penose, Mattia (il cui cognome, Pascal, diremmo ispirato, non a caso, a quello del grande filosofo francese, tra i primi a interrogarsi in chiave moderna sul destino dell'uomo nel suo rapporto con Dio) sceglie di sparire, assumendo un'altra identità (per inciso: proprio così farà, per sottrarsi alla polizia di Salazar nel Portogallo anni '30, anche il protagonista - interpretato sullo schermo, guarda caso, sempre da Mastroianni - d'un altro grande romanzo, il "Sostiene Pereira" di Antonio Tabucchi). Ma non siamo nell'antichità classica o nel Medioevo, bensì - come appunto il Dr. Pereira di Tabucchi - nel XX secolo, e l'identità d'ogni individuo è registrata da precisi documenti.
Per questo, Mattia dovrà, in ultimo, rassegnarsi a lasciare Roma - dove avrebbe voluto sposare la dolce Adriana Paleari (Marzia Postogna), figlia del proprietario della pensione dove ha preso alloggio (Rosario Coppolino), e a tornare al suo paese in Liguria. Dove ritroverà la moglie Romilda (sempre Marzia Postogna), una Penelope che l' ha sempre creduto morto in un tragico incidente e non l'ha mai aspettato: preferendo, anzi, consolarsi rapidamente con Pomino , amico di Mattia e suo nuovo marito.
La regìa di Ferro centra acutamente atmosfere, colori, vestiti di quell'epoca, sospesa tra l'ottimismo tardo illuminista del "Ballo Excelsior" e i futuri, tragici massacri della "Grande guerra". Non manca la scena della seduta spiritica che si svolge in casa Paleari, con l'improvvisata medium signorina Caporale (Diana Hobel) : come tipico di quell' epoca, segnata anche dal "positivismo spiritualista" e dalla passione di massa per l'occulto e il paranormale (sono i tempi, non dimentichiamo, della medium star Eusapia Palladino, "disperazione" degli scienziati).
Le scene sono di Salvo Manciagli, i costumi, curatissimi, di Francoise Raybaud; le musiche di Mssimiliano Pace.
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