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Roma stuprata

venerdì, 20 febbraio 2015 15:36

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Rosario Pesce
I fatti, accaduti a Roma ieri ed il giorno precedente, non possono incontrare alcuna forma di giustificazione: dei barbari, trasvestiti da tifosi di una squadra di calcio, hanno messo a ferro e fuoco la città più importante d’Italia, senza che alcun agente di polizia potesse fermarli, prima che le devastazioni superassero il limite di guardia della decenza, della legalità e del buon gusto, che la società civile non può, invero, non fissare.
Premesso che non ci interessa entrare nel balletto delle responsabilità, che in casi analoghi si fa, è opportuno, piuttosto, ragionare sulle dinamiche, che portano centinaia di tifosi a compiere un lungo viaggio dall’Olanda in Italia, all’unico scopo di deturpare le bellezze della capitale di un Paese straniero, sul cui territorio dovrebbero muoversi con educazione e rispetto per i beni altrui.
Le polemiche, intercorse in queste ore fra il Comune, la Questura e la Prefettura, volte ad individuare chi sarebbe venuto meno al compito di vigilanza e di prevenzione, non ci affascinano, perché, qualora pure venissero individuati, dall’organo politico competente, colui o coloro che, per negligenza o per colpa grave, hanno consentito le distruzioni verificatesi, gli eventuali provvedimenti disciplinari non ripagherebbero Roma e l’Italia non solo dei danni economici, arrecati alla capitale, ma soprattutto di quelli - ingenti - d’immagine, visto che abbiamo dimostrato plasticamente al mondo che il nostro sistema di sicurezza può andare in tilt, finanche, per una semplice partita di calcio.
I fatti avvenuti fra mercoledì e giovedi denunziano, infatti, la debolezza del nostro patrimonio artistico e culturale, che rischia di subire gravissimi danni per l’efferata e violenta azione di un manipolo di delinquenti e folli, trasvestiti da ultras di una - peraltro - prestigiosa e blasonata squadra di calcio olandese.
L’intero Paese è un museo a cielo aperto, per cui, non solo Roma, ma Napoli, Palermo, Venezia, Firenze, i borghi medioevali e rinascimentali del Centro-Nord, le città pugliesi e siciliane, meriterebbero di essere tutelati nel migliore modo possibile, perché, questa volta, le devastazioni si sono prodotte in coincidenza di una partita di calcio internazionale, ma le stesse potrebbero ripetersi, in futuro, anche in concomitanza con altri eventi.
Ad esempio, l’Expo di Milano rappresenta una vetrina per l’Italia, ma, nelle settimane in cui la città meneghina sarà al centro del mondo, è ineluttabile che possano arrivare, dall’Europa come da aree extra-europee, personaggi loschi - come i suddetti tifosi olandesi - in grado di deturpare le bellezze paesaggistiche e museali, alla stessa maniera di quei facinorosi, che hanno agito indisturbati nei giorni scorsi.
Il ceto politico, spesso, fa riferimento all’arte come se essa fosse la principale risorsa economica dell’Italia, per cui espone programmi faraonici circa la conservazione dei beni culturali e la promozione di eventi turistici.
Orbene, vista la disposizione delle opere d’arte in tutte le principali città italiane, perché non si crea un gruppo ad hoc di agenti di polizia o di vigili urbani o di qualsiasi altro corpo militare dello Stato, che abbia unicamente il compito di vigilare sui monumenti, onde evitare il ripetersi dei fatti incresciosi di ieri e del giorno precedente?
Il turismo e l’arte sono un volano virtuoso da un punto di vista produttivo, a condizione che siamo capaci di difendere ciò che i nostri antenati ci hanno lasciato in eredità; qualora, invece, una siffatta tutela dovesse dimostrarsi insufficiente, come è accaduto a Roma, è inevitabile che la memoria artistica del Paese subirebbe gravissimi danni e, con essa, finanche l’unico, autentico “petrolio” in nostro possesso da secoli: le vestigia del mondo antico, piuttosto che quelle della prima modernità o dell’età, cosiddetta, post-contemporanea.
In tal senso, è necessario che l’azione giusta di repressione si accompagni ad un’attività divulgativa effettiva: ogni cittadino italiano dovrebbe adottare un bene artistico ed essere pronto a difenderlo ed a curarlo, così come si fa nella normale vita privata, quando gli individui assumono sotto la loro tutela i beni, a cui sono maggiormente legati per ragioni affettive o di altro ordine.
La perfetta conservazione, infatti, del nostro passato prestigioso deve essere un valore condiviso da vecchi e giovani, da persone dotate di maggiore istruzione, come da quelle che, pur di livello culturale inferiore alla media, sanno bene che un monumento o un cimelio, comunque, del proprio passato è un pezzo importante, senza il quale diviene impossibile ricostruire la memoria collettiva di un’intera comunità, cittadina o nazionale.
Peraltro, in passato, noi Italiani abbiamo assistito al furto delle opere d’arte ad opera degli invasori, che, scesi lungo la penisola, rubavano gli oggetti, che apparivano più seducenti ai loro occhi: il caso di Napoleone è, solo, quello più clamoroso di una lunghissima sequela di episodi di ladrocinio, che pure furono commessi in Italia in varie epoche.
L’episodio dei tifosi olandesi, invece, pone un problema ancora più grave: esistono al mondo barbari, che non apprezzando l’arte, la distruggono, come se fosse materia disdicevole, che merita – appunto – di essere cancellata ex-abrupto.
Un simile atteggiamento, purtroppo diffuso in larghissimi strati della popolazione, non solo è pericoloso per gli effetti economici, che induce, ma soprattutto per quelli di natura comportamentale più ampi: infatti, è ineluttabile che, se si diffondesse l’insana idea che si può, impunemente, rinunciare al proprio passato, cancellando gli elementi, che ci riconducono ad esso, si creerebbero le condizioni per l’istituirsi di una subdola e strisciante dittatura, visto che solo i regimi dispotici ed anti-democratici, nella storia, si sono qualificati per aver distrutto opere d’arte o libri o qualsiasi altra cosa, che sia il frutto dell’ingegno e della ricca creatività umana.
Inoltre, non può non colpire il fatto che il gesto degli ultras olandesi sia avvenuto nelle medesime ore, in cui i terroristi islamici dell’Isis, sulle sponde libiche, hanno messo in scena la più vasta distruzione di strumenti musicali, visto che - stando alla loro lettura capziosa del Corano - la musica sarebbe un’arte diabolica, che merita di essere depennata dall’elenco delle attività possibili da parte dell’uomo e del credente, fedele esecutore delle prescrizioni della morale eteronoma musulmana.
Gli ultras europei, forse, sono paragonabili agli integralisti islamici? La similitudine non è, del tutto, infelice, dato che chiunque provveda con dolo a distruggere i frutti dell’intelligenza e del lavoro artistico umano, è - semplicemente - un barbaro, qualunque sia la sua religione o la razza di appartenenza.
A maggior ragione, lo Stato – quello nazionale, come l’Unione Europea – si attivi a difendere il lascito di chi ci ha preceduti, prima che nasca una nuova stirpe, priva di memoria, che - come le scimmie di S. Kubrick, nelle immagini iniziali del film “2001 Odissea nello spazio” - è animata dall’unico, insano obiettivo di demolire ciò che incontra sul proprio cammino, perché è incapace di comprendere le sottese e nobilissime ragioni spirituali, poetiche e creative.
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