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In difesa di Bergoglio

domenica, 05 gennaio 2020 22:02

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Rosario Pesce
È evidente che il Pontefice è sotto attacco ad opera di una parte politica e della stampa per il gesto di insofferenza – peraltro, per il quale ha chiesto pubblicamente scusa – ai danni di una fedele in piazza San Pietro.
È ovvio che non si discute il gesto in sé: il Papa, nel corso dei suoi anni di Pontificato, ha segnato una svolta, che molto probabilmente non è gradita - in modo unanime - negli stessi ambienti ecclesiastici.
La sua elezione segnò un cambiamento molto netto, già, per due ordini di motivi: per le origini sudamericane e per l’estrazione culturale di tipo gesuitico, che invero è il tratto essenziale del suo modo di essere, oltreché della teologia che interpreta con il proprio sacerdozio.
Bergoglio ha assunto la guida della Chiesa in un momento non felice per la Cristianità, visti gli scandali che si erano consumati negli anni e nei mesi precedenti alla sua elezione.
Con il proprio stile, Papa Francesco ha quindi iniziato un’opera meticolosa di rilegittimazione dell’operato dell’erede di Pietro, potendo contare anche su un’autorevolezza che, da moltissimi ambienti, gli viene riconosciuta.
Ma, si sa bene che, sovente, i cambiamenti vengono avversati.
Il fatto stesso che Egli abbia voluto contrassegnare il suo apostolato all’insegna del pauperismo non può che fare onore ad un Pontefice che deve contrastare le opposizioni interne di chi lo avversa, perché è contrario al messaggio che il Concilio Vaticano II ha lanciato e che vede proprio nel Papa argentino, invece, l’interprete più fedele e progressista di una Chiesa che fa i conti con le problematiche del nuovo millennio e che non si può rinchiudere in atteggiamenti di deliberata non comprensione del presente.
E, così, oggi c’è qualcuno che tenta di sporcarne l’immagine.
D’altronde, un simile tentativo ebbe inizio dopo la stessa elezione al soglio pontificio, quando si lanciarono dei dubbi molti pesanti sulla sua condotta, quando era in Argentina con il ruolo di padre provinciale dei Gesuiti, accusandolo di non aver difeso dei confratelli, consegnandoli - di fatto - alle violenze ed alle torture del regime militare di Videla.
Noi siamo con Bergoglio e con la sua proverbiale onestà intellettuale, tipica della disciplina e del rigore morale dei Gesuiti, che nel Seicento seppero rilanciare il ruolo della Chiesa nel mondo, dopoché questa aveva subìto gli schiaffi della Riforma.
Oggi, non meno facile è il compito dell’erede di Pietro, che si trova ad agire in un contesto politico internazionale che non aiuta la sua missione, ma siamo certi che – come fecero i suoi confratelli lontano dall’Europa nel XVII e XVIII secolo – Egli saprà dare nuova linfa vitale al Verbo di Cristo, ripartendo dai fondamenti del Credo e da un’interpretazione autentica degli stessi, che non espunga le istanze della complessa modernità dalla fruizione del messaggio religioso.
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