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Il PD ed il campo largo

domenica, 09 febbraio 2020 10:06

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Rosario Pesce
Zingaretti ha annunciato che, dopo il voto suppletivo nel collegio senatoriale a Napoli e prima del test regionale in molti territori, intende aprire una fase nuova del PD, con un congresso tematico che dovrebbe indicare le aree problematiche di interesse del nuovo indirizzo e, soprattutto, deve inaugurare una fase nuova della vita del partito, con l’apertura dello stesso ai movimenti civici ed alle forze nuove, che si agitano nella società italiana ed il cui consenso ha permesso la vittoria, come in occasione del recente voto in Emilia con le Sardine.
È ovvio che un tale proposito non può che essere visto con favore: nessun partito, che aspiri a governare a lungo un Paese complesso come il nostro, può rinchiudersi nel recinto del 20%, qual è oggi, più o meno, la percentuale di consensi del principale partito del Centro-Sinistra, per cui, se nella società civile si muovono nuovi soggetti, è ineluttabile che con questi si cerchi un’interlocuzione politica seria, allo scopo di ricostruire un’area maggioritaria della pubblica opinione, che guardi con favore al PD e che costituisca un argine all’ascesa della Destra populista, qual è quella di Salvini e della Meloni.
Ma, lungo questo sentiero, le vicende di partito si intrecciano con quelle del Governo, visto che, attualmente, il movimento che è maggiormente in crisi è il principale partner del PD, cioè quel M5S che, ogni giorno, perde per strada pezzi importanti dei propri gruppi parlamentari.
Infatti, il proposito di Zingaretti della scorsa estate di dar vita ad un Governo di legislatura con i 5S si misura con la tenuta dell’alleato, visto che, all’interno di quella forza, è evidente - ormai - che si scontrano due indirizzi diversi: chi, per un verso, intende consolidare il rapporto con il PD e chi, invece, vuole avere le mani libere per riprodurre, a livello locale, schemi elettorali ben diversi da quello dell’odierna maggioranza parlamentare.
In tal senso, il destino del PD è legato, indissolubilmente, ai chiarimenti interni all’altra forza di Governo: l’alleanza con i 5S è da intendersi come un dato permanente, da riprodurre a livello territoriale, o deve essere intesa come una mera parentesi in un percorso più ampio di ricomposizione dei partiti e dei rapporti di forza al loro interno e fra di loro?
In tal senso, le risposte devono essere univoche e tempestive: il test delle elezioni regionali della prossima primavera è essenziale per un partito riformista, come il PD, che fa dei Governi locali uno dei punti di forza della propria azione ed arrivare al prossimo mese di maggio senza aver chiarito la natura ed i tempi dell’alleanza con i 5S potrebbe essere un errore grossolano per un partito, come quello di Zingaretti, che è sottoposto alle tensioni derivanti - anche - dai rapporti con la parte centrista del suo elettorato.
Certo, non invidiamo Zingaretti che, in virtù della sua proverbiale capacità di mediazione, deve tenere insieme molte diversità e complessità, pur di creare quello spazio ampio di forze progressiste che serve alla Sinistra italiana ed al Paese intero.
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