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Addio a Giacomo Ricci, nome storico del nostro teatro

lunedì, 09 marzo 2020 20:38

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Fabrizio Federici
E' scomparso dopo una lunga malattia, affrontata, negli ultimi tempi, in un ospedale del Piemonte, Giacomo Ricci, nome storico del teatro italiano, amico e collaboratore stretto di Carmelo Bene e Giorgio Albertazzi, regista e interprete che aveva lavorato con nomi come Eduardo e Sandro Bolchi. Autore - negli anni '80- '90 e oltre - di testi come "La gabbia scotta" (sul '68), "Incubo-speranza in un tempo" (sul dramma della droga, più volte rappresentato nel circuito delle mani) e "Nerone-Autodifesa di un mostro" (sull'istrionico imperatore che la critica storica più avveduta da tempo vede in un'ottica più obbiettiva, inquadrando la sua vicenda nella complessa trama del conflitto tra i Cesari e il Senato, vero e proprio "leitmotiv" della storia romana).
Nato nel 1933 a Morcone (Benevento, il paese di San Pio da Pietralcina), Ricci - parente, tra l'altro, di Antonio, "padre" di "Striscia la notizia"- e vissuto a lungo in Piemonte, negli anni '50 aveva fatto, inizialmente, una vita da "bohemien" a Roma, con altri giovani di allora come appunto Bene, e l'artista, oggi molto quotato, Ferdinando Paonessa. Dopo una lunga collaborazione con la RAI, per la quale aveva lavorato in più sceneggiati (come "Scene dai Promessi sposi", nel ruolo del Cardinale Borromeo), e la partecipazione a vari film, Giacomo si era dedicato soprattutto al teatro: calcando spesso le scene, in modo anche avventuroso, insieme a Carmelo Bene.
A gennaio del '63, è tra gli interpreti di "Cristo '63": pièce teatrale, opera di Bene, che nel clima dell'incipiente Contestazione, e forzando il vento di rinnovamento del Concilio, arriva ad affrontare in modo dissacrante anche la figura del Cristo (un po' come, nello stesso anno, fa Pasolini con "La ricotta", episodio del celebre "Rogopag", prima del capolavoro "Il Vangelo secondo Matteo"). .Al "Teatro Laboratorio", nel quartiere romano di Prati, Bene/Gesù sta per essere crocifisso in scena, quando l'argentino Alberto Greco (l' apostolo Giovanni), nella vita pittore esponente dell'Informalismo (corrente che per l'arte rifiuta qualsiasi ingabbiatura in schemi e tecniche precostituiti) inizia addirittura ad urinare sull'ambasciatore di Buenos Aires, seduto in prima fila con la consorte, nei tafferugli che ne seguono, Greco e Bene sono arrestati: il primo sarà espulso dall'Italia (morendo poi in Spagna, suicida, nel 1965), il secondo processato e poi assolto. Nel ‘64, sempre Ricci è tra i più stretti collaboratori di Gian Maria Volontè, che cerca di portare in scena, ancora in un teatrino di Roma, in via Belsiana, la controversa pièce del tedesco Rolf Hochhuth “Il Vicario”, che denuncia i rapporti tra Vaticano e regime nazista: la rappresentazione viene impedita da un intervento della polizia, che contesta la violazione di un articolo del Concordato del 1929.
. Negli anni ’80, Giacomo fonda la compagnia teatrale “L’alternativa” (il nome – ricorda Violetta Charini, altra figura storica del nostro teatro – si riferisce anche alla ricerca di un’alternativa più equilibrata e di stile a quello che era il teatro di allora, spesso incagliato nelle esasperazioni dissacranti del “carmelobenismo”). E porta in scena “Il Paese. Oggi, non domani” testo del giornalista Alberto Jacometti (1902- 1985) centrato sulla difficoltà, nell’immediato dopoguerra, dei rapporti, anche solo umani, tra ex-partigiani ed ex-fascisti. Negli anni ’90, è la volta di “Incubo-speranza”, rappresentato in tutta Italia; poi, tra i ’90 e i primi anni del 2000, l’altra pièce su Nerone Claudio Cesare. Che nel 1999 viene presentata a Lettere alla “Sapienza”, in occasione della riapertura al pubblico (dopo decenni di lavori di restauro) della “Domus Aurea”: dopo esser stata pubblicata in volume (Carlo Marconi editore, Roma), con saggi introduttivi di Luca Canali, latinista, Massimo Fini, specialista della figura di Nerone, Franco Ferrarotti, Luigi Di Liegro, Maria Luisa Spaziani, e dello storico rumeno Eugen Cyzek. Negli ultimi anni, infine, Ricci si era dedicato, in vari teatri romani, a spettacoli per ragazzi e alla riscoperta della poesia sui temi dell’amore e della solidarietà umana, da Garcia Lorca a Bertolt Brecht.
“Con Giacomo Ricci – sottolinea Franco Ferrarotti, “decano” dei sociologi italiani –è scomparso un autore, regista e interprete teatrale di profondo valore, che a una grande capacità innovativa sapeva unire una perfetta padronanza dei testi classici, riattualizzandoli senza snaturarli”. “Ricci – aggiunge Violetta Chiarini, oggi Presidente, a Casperia(Rieti) del Centro culturale “Piccolo Teatro del Violangelo”, e attiva nella salvaguardia di forme espressive musical-teatrali tipiche dell’identità culturale italiana ed europea- ha rappresentato, direi, un saggio punto d’incontro tra la “follia” (in senso positivo) innovativa di Carmelo Bene e degli altri esponenti dell’ Avanguardia teatrale e la tradizione piu’ misurata e classica di attori come Albertazzi e, ancor più, gli eredi di Alessandro Fersen (il, drammaturgo, regista e animatore teatrale polacco-italiano, di origini ebraiche, fondatore, nel ’57 a Genova, della scuola per attori “Studio di arti sceniche”, basata sul celebre metodo Stanislavskij, N.d.R.). Eredi come Cosimo Cinieri, recentemente scomparso anche lui, Perla Peragallo, Leo de Berardinis e, modestamente, la sottoscritta”.
Un amico fraterno, uomo schierato ma sempre libero, che chi scrive conosceva da 35 anni e col quale ha lavorato ottimamente, organizzando - per i contatti con la stampa - tanti spettacoli. Vai, caro Giacomo: scommetto che presenterai al Padreterno - che sicuramente ti apprezzerà, e magari ti farà direttore spettacoli - un adeguato programma di rappresentazioni teatrali, da organizzare con gli amici Shakespeare, Moliere, Pirandello!
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