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Un mondo nuovo

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sabato, 21 marzo 2020 22:32

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Rosario Pesce
Il covid sta creando un mondo nuovo, certamente molto diverso da quello che si sta spegnendo non solo per ragioni anagrafiche, visto che le persone che muoiono per lo più sono anziani.
In primis, per ragioni politiche, il cambiamento si avverte già ora, visto che l’Unione Europea ha deciso di derogare da quelli che erano due principi fondativi del suo essere: il Trattato di Schengen e la rigidità del rapporto fra debito e Pil, anche se ancora molto ci sarà da fare per evitare il default di molti Stati e delle loro economie.
Il dato più interessante sarà, certamente, quello squisitamente istituzionale.
Anche in questo caso, l’Unione ha dimostrato di essere fin troppo fragile, visto che di fronte ad una minaccia mondiale, come il virus, ha proceduto in ordine sparso: c’è chi, come l’Italia, ha assunto provvedimenti molto forti a fronte di altri Paesi che, invece, solo nelle settimane successive hanno iniziato progressivamente a percepire il pericolo e questo dato non aiuta la guarigione, visto che - anche in materia sanitaria - l’indirizzo dovrebbe essere unico, se si vuole evitare il rischio di infezioni di ritorno nei Paesi più virtuosi.
E la democrazia che fine farà?
Al momento sono sospese le elezioni, analogamente a quanto si faceva nell’antica Roma che, quando era in guerra, prorogava il mandato ai consoli fino alla cessazione delle attività militari.
In tal caso, la lotta al covid è simile ad una guerra, nella quale si combatte contro un nemico viscido ed insidioso, perché non visibile.
Ma, in particolare cosa sarà del nostro sentimento di comunità, visto che per molto tempo rimarremo incerti se poter stringere la mano o dare un abbraccio o un bacio al prossimo, perché ineluttabilmente la paura del contagio permarrà finanche quando la scienza non lo ipotizzerà più come possibile?
Nasce dunque un nuovo mondo in questi giorni, che speriamo non sia costruito sulla diffidenza reciproca e su spinte autocratiche, che possono divenire ineluttabili quando la forza delle armi prevale su quella della politica e della ragionevolezza umana.
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