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Tosi: mi candido

domenica, 15 marzo 2015 00:09

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Rosario Pesce
Il dado è tratto: il Sindaco di Verona, Tosi, si candida per la Presidenza della Regione Veneto in aperto dissenso con la Lega di Salvini ed in rottura con il Governatore uscente, Zaia, che dovrebbe correre con le liste di partito del Carroccio e di Forza Italia, oltreché con una lista civica.
È evidente che la notizia di oggi sia dirompente: se la Lega non si fosse spaccata, la vittoria di Zaia non sarebbe stata in discussione, neanche, per un attimo, mentre, per effetto della decisione di Tosi, tutto torna in dubbio, per cui il PD potrebbe vincere in una Regione, dove la formazione del Premier era data per sconfitta dai sondaggi, finora pubblicati.
La partita in Veneto, però, ha una valenza non solo regionale, dal momento che lì si gioca un match decisivo sia per la Lega, sia per il PD.
Dopo l’uscita di scena di Bossi, infatti, questa è la prima volta che la Lega si scinde – di fatto – in due movimenti, a dimostrazione che, in passato, le capacità carismatiche del Senatùr hanno reso unito un soggetto, che al suo interno era, invece, attraversato da profonde rotture.
In gioco, in particolare, è il destino nazionale del partito leghista: infatti, se prevarrà la linea di Salvini e di Zaia, si viene a creare un movimento che, mentre sui temi della politica nazionale, corteggia il voto di protesta e strizza l’occhio all’estremismo delle forze della Destra neo-fascista, nelle realtà locali persegue un lucido progetto filogovernativo, per cui, in nome della buona amministrazione, reale o presunta che sia, è pronto ad allearsi con Berlusconi e, soprattutto, con tutti i ceti moderati, che - per cultura e tradizione - mai stringerebbero la mano ad un esponente di Casa Pound o della Fiamma Tricolore.
Il progetto di Tosi segue un percorso diverso: egli rappresenta la Lega, che, indifferentemente, sia sui territori, che nella politica nazionale, si evidenzia per un indirizzo manifestamente più moderato, visto che, sin dal primo momento, la sua Fondazione ha interloquito con i Centristi di Casini ed Alfano, a dimostrazione del fatto che il Sindaco di Verona non è attratto da opinabilissime idee, manifestamente populistiche e demagogiche.
È evidente che, in Veneto, lo schieramento di Zaia prevarrà - numeri alla mano - sulla lista di Tosi, ma sarà importante capire l’entità dell’emorragia di consenso, che il primo cittadino veronese sarà in grado di determinare ai danni del suo ex-compagno di partito.
Se Tosi sarà così bravo da portare via molti voti a Zaia, sarà ineluttabile che il PD si troverà a governare una Regione, che non ha mai amministrato nel corso dell’ultimo ventennio, mentre, in caso contrario, nonostante il regolamento di conti fra leghisti, il partito del Premier dovrà ammettere che il suo radicamento, al di sopra del Po’, è del tutto irrilevante e che il risultato lusinghiero delle Europee dell’anno scorso fu, semplicemente, dovuto ad una contingenza, destinata a non ripetersi più.
Peraltro, il PD gioca la partita più importante da quando Renzi governa il Paese: vincendo, anche, al di fuori delle Regioni tradizionalmente rosse, è ovvio che i dirigenti democratici potranno dire di aver fatto il miracolo e di aver superato i limiti del partito bersaniano, inviso ai produttori del Nord, mentre - in caso di sconfitta - finanche il Presidente del Consiglio dovrà ammettere l’idiosincrasia cronica fra i cittadini settentrionali ed il Partito Democratico, ad onta della mutazione genetica, che il renzismo dominante ha prodotto ai danni della prima formazione politica italiana.
Quindi, le Regionali del prossimo maggio saranno un test fondamentale, perché si capirà se gli Italiani sono, ancora, in regime di luna di miele con Renzi o se, invece, disillusi dagli esiti dell’azione governativa, stanno per virare verso altri lidi, di estrema Destra o – meno credibilmente – di Sinistra più accentuata.
Noi non potremo non osservare le dinamiche future, ben sapendo che il destino degli Italiani molto dipenderà dallo sviluppo delle vicende parlamentari, perché, se dovesse andare in crisi il Governo, allora l’Italia dovrà ipotizzare di cambiare atteggiamento, perfino, nel rapporto con gli interlocutori europei, visto che il voto regionale sarà, ineluttabilmente, un referendum sul filo-europeismo di Renzi.
In caso di sconfitta, infatti, i partiti euroscettici - da Salvini a Landini - prenderanno il sopravvento ed, allora, il nostro Paese potrebbe trovarsi nelle medesime condizioni di quelle nazioni - come la Grecia e la Spagna - che contestano, duramente, Bruxelles.
Pertanto, si voterà per le Regioni, ma lo sguardo andrà inevitabilmente altrove, dato che il voto di maggio costituirà la prima, vera sfida a Renzi ed al renzismo, portata da forze che, nelle prossime settimane, alzeranno i toni della polemica, per catturare il consenso di chi è in disagio ed, ormai, non crede più, neanche, alle promesse dell’inquilino di Palazzo Chigi.
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