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Giuseppe Castellana, la Sicilia del Tardo Bronzo

mercoledì, 16 marzo 2022 10:06

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Copertina: La Maschera di Agamennone
Dal nostro inviato
Francesca Bianchi
FtNews ha intervistato l'archeologo Giuseppe Castellana, già direttore del Museo Archeologico Regionale di Agrigento e del Parco Archeologico e Paesaggistico della Valle dei Templi, nonché docente di Preistoria e Protostoria all'Università di Palermo. Lo scorso anno il prof. Castellana ha pubblicato il libro La Sicilia del Tardo Bronzo. Genti, culture, risorse e commerci, che ha inaugurato la Collana Studi Archeologici della casa editrice Villaggio Letterario. Si tratta di un'opera divulgativa con un taglio storico-archeologico. Lo studioso, uno dei massimi esperti di preistoria e protostoria, ha parlato delle condizioni economiche, militari e commerciali che si determinarono in Sicilia negli ultimi tre secoli del II millennio a.C. Ha affrontato l'argomento relativo all'arrivo di nuove genti provenienti dalla penisola italiana e alla testimonianza che ne danno le fonti greche. Nel corso dell'intervista ha fatto riferimento anche alle sue campagne di scavo, soffermandosi in particolare sulla sua scoperta archeologica del sito minerario di Monte Grande, che ha aperto le porte all'età premicenea siciliana, spostando indietro di quasi due millenni l'inizio della produzione zolfifera siciliana. Ha parlato, infine, dell'identificazione del territorio di Sant'Angelo Muxaro con il famoso regno di Kokalos, re dei Sicani.

Prof. Castellana, lo scorso anno ha pubblicato il libro La Sicilia del Tardo Bronzo. Genti, culture, risorse e commerci, un'opera divulgativa con un taglio storico-archeologico, che già aveva stampato in proprio nel 2014. In questa nuova edizione che, tra l'altro, ha inaugurato la Collana Studi Archeologici di Villaggio Letterario, l'opera è arricchita da circa 80 tavole a colori e presenta alcuni aggiornamenti. Lei è uno dei massimi esperti di preistoria e protostoria siciliana. Cosa accadde in Sicilia negli ultimi tre secoli del II millennio a.C.? Quali condizioni politiche, economiche, militari e commerciali si determinarono?
Sono un archeologo militante che ha operato per circa trent'anni in Sicilia, in maniera particolare nel territorio corrispondente alla provincia di Agrigento, in una fascia di territorio soprattutto costiero e pericostiero coincidente in gran parte con la Sicilia centro-meridionale. L'investigazione di questo territorio, che va dal fiume Salso, l'antico Himera meridionale, sino ad arrivare al fiume Belice, con il sito elimo-sicano di Montagnoli, presso Menfi, mi ha permesso di acquisire una conoscenza di un certo rilievo circa le culture preistoriche e protostoriche di questo territorio.
Nel 2014 ho pubblicato La Sicilia del Tardo Bronzo. Genti culture risorse e commerci, libro che è stato aggiornato nel 2021 per la Collana Studi Archeologici della Casa Editrice Villaggio Letterario. Si è rivelato fondamentale per la ricchezza dei ritrovamenti archeologici il territorio di Palma di Montechiaro, che si presenta come una conca valliva importante nel cammino di penetrazione, in età greca, da Gela verso Akragas. Questo territorio presenta una ricchezza agro-pastorale e mineraria straordinaria, che ha permesso l'insediamento umano sin dall'età neolitica. Lo zolfo è il metalloide che fu sfruttato sin dall'età del rame e ricercato dalle genti provenienti dal Mediterraneo orientale. Lo scavo della necropoli eneolitica di Piano Vento ha consentito di ricavare informazioni fondamentali per la conoscenza di queste genti provenienti da Cipro e dalle coste dell'Anatolia meridionale alla ricerca di metalli. Le genti seppellite nelle tombe a celletta ipogeica di Piano Vento vennero in Sicilia nella prima metà del III millennio a.C. per estrarre e raffinare lo zolfo. Queste genti erano imparentate con quelle della cultura del Gaudo, in Campania, e con quelle portatrici della cultura di Rinaldone, nell'Etruria meridionale.

Perché ha voluto che in copertina ci fosse la maschera di Agamennone? Cosa ha a che fare con la preistoria siciliana?
Quando ho aggiornato La Sicilia del Tardo Bronzo, ho scelto per la copertina del libro l'immagine della cosiddetta "maschera in oro di Agamennone", che Schliemann rinvenne nel Circolo A di Micene. Questa mia scelta non si giustifica dal punto di vista cronologico, ma da quello culturale. La Sicilia castellucciana, come quella della cultura di Thapsos, presenta legami con il mondo egeo-miceneo. Questo legame particolarmente profondo con la cultura di Thapsos continua, anche se attenuato, nel Bronzo Recente con la cultura di Pantalica Nord, quando gli eredi della cultura di Thapsos si arroccano sulle alture per difendersi dall'arrivo di popolazioni peninsulari provenienti dalla penisola italiana.
Sant'Angelo Muxaro (AG), necropoli delle Grotticelle
Cosa ci dicono le fonti storiche greche in merito all'arrivo di nuove genti provenienti dalla penisola italiana? Cosa sappiamo della cultura di queste popolazioni? Ci sono divergenze tra i dati storici e la documentazione archeologica?
Le fonti storiche greche, quali Tucidide, Dionigi di Alicarnasso, Diodoro Siculo, parlano della invasione negli ultimi secoli del II millennio di genti tardo-appenniniche provenienti dalla penisola italiana. Le testimonianze archeologiche confermano l'arrivo di queste popolazioni italiche, anche se le indicazioni cronologiche di questo arrivo appaiono contrastanti. Nelle isole Eolie, prima che in Sicilia, l'Ausonio I segna il momento iniziale dell'arrivo di queste genti, che determinò la fine di quel processo unitario che aveva portato ad una koinè culturale omogenea con la Cultura di Thapsos e del Milazzese sotto gli stimoli del mondo egeo-miceneo. Le capanne della Cultura del Milazzese, a Lipari, vengono distrutte con un radicale cambiamento della cultura materiale, caratterizzato da nuove forme vascolari di chiara origine peninsulare.
Non sempre le fonti storiche coincidono con le testimonianze archeologiche. Spesso capita che ci siano divergenze fra i dati storici e la documentazione archeologica, ma non è il nostro caso. Sull'acropoli di Lipari, nei primi anni Cinquanta del '900, fu portato alla luce uno strato di distruzione dell'insediamento della facies della media età del Bronzo della Cultura Milazzese-Thapsos, con un insediamento che si sovrapponeva con elementi culturali completamente diversi di origine peninsulare. Ai due distinti stati di distruzione vennero dati da Bernarbò Brea e Madeleine Cavalier i nomi di Ausonio I e Ausonio II, accogliendo la tradizione delle fonti antiche, sopratutto Diodoro Siculo, che costituisce la principale fonte per le migrazioni degli Ausoni nelle Eolie. Tutto questo si colloca intorno alla metà del XIII secolo a.C. Sopra le rovine circolari del Medio Bronzo vennero costruite nuove capanne di forma ovaleggiante, ma questo nuovo abitato venne distrutto verso la metà del XII secolo a.C. e sugli strati dell'Ausonio I si adagiano strati di maggiore spessore, che hanno fatto pensare ad una seconda ondata di genti provenienti dalla penisola italiana.

Chi erano i "Popoli del mare"? Cosa intendiamo con l'espressione "invasione dei Popoli del Mare"?
Anche la Sicilia venne investita da genti peninsulari, il cui arrivo provocò grandi scossoni e sconvolgimenti attorno al 1200 a.C. Questi sconvolgimenti investirono le civiltà del mondo egeo-miceneo, anatolico e siro-palestinese. Gli storici moderni definiscono "Popoli del Mare" i protagonisti di queste invasioni, secondo una espressione mutuata dai testi egiziani dell'epoca. Il faraone Merenptah, nel quinto anno del suo regno (1207 circa a.C.), riuscì a bloccare una prima coalizione di invasori che aveva attaccato il suo regno. In questo gruppo sono elencate componenti etniche diverse, in cui si è a più riprese ceduto alla suggestione di individuare i nomi di Achei, Sardi, Siculi, Tirreni e Lici. A queste popolazioni nuove possiamo dare un nome: sono gli Ausoni, i Morgeti, i Siculi e gli Elimi. Per la Sicilia abbiamo notizie grazie agli scrittori greci del periodo storico, per cui si conoscono i nomi con cui i Greci designavano i nativi e si ignora il modo in cui questi chiamavano se stessi.

Molti archeologi ritengono che il territorio di Sant'Angelo Muxaro, dove sono stati effettuati straordinari ritrovamenti archeologici di reperti in oro, debba essere identificato con il famoso regno di Kokalos, re dei Sicani. Lei cosa ne pensa? Perché a Sant'Angelo Muxaro sono stati effettuati così tanti e significativi ritrovamenti archeologici?
Il mio Maestro, Prof. Giacomo Caputo, il grande archeologo che scavò a Sabratha e a Leptis Magna, propose l'identificazione del sito di Sant'Angelo Muxaro con l'antica Camico, centro antico ricordato dalle fonti storiche come capitale del regno sicano di Kokalos e legato alle vicende della saga di Dedalo e Minosse e ai rapporti antichissimi tra la Sicilia e Creta in età precoloniale. Per Caputo, la cui ipotesi condivido pienamente, era fortissimo il significato dell'architettura delle tombe a tholos scavate nella roccia gessosa, indagate nel 1931-32 da Paolo Orsi nel costone settentrionale della collina di Sant'Angelo Muxaro. Pesa sul significato da dare a questo nuovo modello culturale architettonico tutta una serie di elementi di sicura provenienza egeo-micenea. In questo territorio agrigentino i partner micenei ricercavano zolfo salgemma. Questa ricchezza mineraria spiega l'arrivo degli Egei in questa parte della Sicilia già a partire dal XVIII sec. a.C. Monte Grande, situato sulla costa lungo il Canale di Sicilia, con il suo santuario-officina fu frequentato dai partner egei, a partire dal tardo mesoelladico, per lo zolfo e forse anche per il bitume.
Monte Grande (Palma di Montechiaro, AG), fornaci castellucciane per la raffinazione dello zolfo
Lei in Sicilia ha diretto 90 campagne di scavo. Ha scritto diverse pubblicazioni in merito ai siti di Monte Grande, Piano Vento con la sua necropoli eneolitica e l'insediamento neolitico, Madre Chiesa, Villa Romana del Saraceno, Castellazzo di Palma, Sabucina, Necropoli di Palermo, Caliata, Caltafaraci, Scrinda, Montagnoli, Sant'Angelo Muxaro. Cosa sappiamo di queste realtà? In particolare, la sua scoperta archeologica del sito minerario di Monte Grande ha aperto le porte all'età premicenea siciliana, spostando indietro di quasi due millenni l'inizio della produzione zolfifera siciliana. Ci spieghi meglio...
Un sito archeologico fondamentale per la conoscenza della protostoria siciliana si è rivelato Monte Grande, un insediamento costiero presso Punta Bianca, tra Palma di Montechiaro ed Agrigento, dove ho indagato un santuario di cultura castellucciana risalente alla prima metà del II millennio a.C. e consacrato a culti di fertilità. Non un insediamento di capanne, ma un insediamento di grandi recinti megalitici dove si svolgevano festival religiosi da parte delle genti castellucciane che affluivano dai villaggi circostanti. La particolarità di questo singolare insediamento è la presenza di officine legate al santuario e destinate all'estrazione e raffinazione dello zolfo. Si tratta di fornaci di forma circolare e a canaletta dove lo zolfo sedimentario veniva lavorato e commerciato con i partner egei provenienti dal Mediterraneo centrale.
Il ritrovamento in abbondanza di ceramiche egee premicenee costituisce una scoperta molto rilevante. Non un solo frammento di ceramica egea premicenea era stato rinvenuto in Sicilia prima delle scoperte di Monte Grande. La Sicilia, in particolare la Sicilia centro-meridionale, era stata frequentata dagli egei prima del XIV sec. a.C., già nella prima metà del II millennio a.C. Lo zolfo, il divino metalloide ricercato a scopi rituali ed utilizzato nella coltivazione della vite e nella metallurgia, costituì la principale risorsa economica della Sicilia centro-meridionale nell'età del Bronzo Antico Siciliano e in quella del Bronzo Medio della Cultura di Thapsos.

Quando arrivarono in Sicilia i Siculi e i Sicani?
La dinamica dei processi avvenuti fra la tarda età del Bronzo e la prima età del Ferro fu probabilmente molto più articolata e complessa di quanto le fonti storiche riflettano. Le notizie più consistenti sono quelle riferite da Dionigi di Alicarnasso, secondo cui due gruppi di Siculi, gli Elimi sospinti dagli Enotri, raggiunsero la Sicilia tre generazioni prima della guerra di Troia. Dal punto di vista archeologico le ricerche hanno dato ragione alle fonti scritte. Le pacifiche comunità costiere e pericostiere della Cultura di Thapsos di XIV e XIII sec. a.C. cedono il passo agli insediamenti su alture più facilmente difendibili. Pantalica, Dessueri, la montagna di Caltagirone, Mokarta sono gli insediamenti su alture della cultura di Pantalica Nord, grandi aggregati con necropoli molto fitte ed estese che testimoniano la necessità di difendersi da attacchi ed incursioni. Sotto la spinta della cultura micenea, la Sicilia unitaria si frantuma: dal punto di vista demografico, ad oriente sino al fiume Salso, l'isola è la terra dei Siculi, mentre la Sicilia centro meridionale suole essere indicata come Sikanìa, una sorta di provincia del popolo Sicano, arroccata e conservatrice delle tradizioni culturali di matrice egeo-micenea. Questa situazione trovarono i Greci quando arrivarono in Sicilia. C'è una enclave costituita dai Morgeti, un gruppo di gente peninsulare che occupa il territorio dove sorgerà Morgantina. Gli Elimi ad occidente occupano alcuni siti già abitati dalla popolazione sicana della Cultura di Pantalica Nord: Mokarta, nel territorio di Salemi, viene probabilmente distrutta dai nuovi arrivati. Le capanne circolari vengono incendiate. La stessa sorte tocca al sito di Montagnoli, nel territorio di Menfi, lungo il fiume Belice, alle porte di quella che sarà la fondazione di Selinunte. Forse è da credere che, con la caduta dei regni micenei, ci sia stata una diaspora di genti micenee verso questa parte della Sicilia, dove trova la sua collocazione culturale la ben nota saga di Kokalos, re della Sikanìa, con tutte le sue connessioni storiche con il mondo egeo-miceneo.

Quale messaggio si augura che arrivi ai lettori de La Sicilia del Tardo Bronzo?
Spero che il libro possa suscitare interesse e curiosità per la preistoria e la protostoria in Sicilia. Il libro affronta vicende affascinanti, basate quasi esclusivamente su dati archeologici e frutto di ricerche di tanti colleghi, su cui abbiamo cercato di essere quanto più chiari e comprensibili, nei limiti di un linguaggio a volte specialistico.
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