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Schiaffi a Renzi

mercoledì, 08 luglio 2015 13:35

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Rosario Pesce
In questi giorni, dominati dalle vicende greche, il quesito nasce spontaneo: “Dov’è l’Italia?”, visto che, dopo il tweet della settimana scorsa del nostro Presidente del Consiglio, con il quale invitava i Greci a votare per il “Sì”, la nostra diplomazia si è sciolta come neve al sole, per cui la vittoria di Tsipras è coincisa con l’8 settembre del Governo italiano, scomparso del tutto dalla scena mediatica internazionale.
È evidente che il nostro buon Presidente del Consiglio abbia compiuto un errore di valutazione enorme, quando ha creduto che i Greci potessero andare al voto per consolidare le posizioni della Merkel e per delegittimare, di fatto, quelle del loro Premier, che finora le carte a propria disposizione le ha giocate brillantemente.
È pleonastico sottolineare che l’Italia sia sotto lo schiaffo tedesco, da cui non riesce, in alcun modo, a liberarsi, molto probabilmente perché, finanche, i nostri conti non sono perfettamente in regola, per cui necessitiamo dell’approvazione da parte dell’alleato germanico, che da solo può decidere le sorti degli altri diciotto Paesi che hanno, come moneta, l’euro.
L’errore di valutazione, compiuto da Renzi, però denuncia un altro limite enorme del nostro Paese: Tsipras ha potuto giocare di sponda, perché, dialogando con i Tedeschi, ha già fra le mani, comunque, un accordo potenziale con i Russi, per far fronte all’ipotesi sciagurata di default.
L’Italia, invece, è presente su di un sol tavolo, per cui è costretta, nel bene o nel male, ad accettare le condizioni che il potente socio tedesco le impone.
D’altronde, è evidente a tutti che la spinta innovatrice del renzismo sia terminata molto miseramente, per cui quello che doveva essere il suo principale cavallo di battaglia – l’opposizione a qualsiasi sterile politica comunitaria di rigore – è divenuto, frattanto, il leit motiv della propaganda di Grillo e della Sinistra vendoliana, visto che il Presidente del Consiglio, nel corso del semestre di Presidenza dell’UE, ha modificato sensibilmente atteggiamento, fornendo l’impressione di essere divenuto il primo collaboratore acritico della Germania di Frau Merkel.
Peraltro, inquieta non poco un fatto: in questi giorni di canicola estiva, sulla questione greca, si decide non solo il destino ellenico, ma quello dell’intero continente.
Orbene, di fronte ad un evento di così rilevante importanza ed in presenza di difetti innegabili di strategia dell’Esecutivo nazionale, il Parlamento italiano, ancora, non si è riunito per chiedere contezza al Governo della sua posizione in merito al dramma ateniese, ammesso che l’Italia abbia tuttora un po’ di credibilità da spendere al tavolo delle relazioni internazionali.
A nessuno è sfuggito che, all’interno dell’UE, ancora diffusa è l’abitudine dei summit bilaterali fra Germania e Francia, dai quali noi Italiani veniamo esclusi sistematicamente.
Allora, verrebbe da chiedersi se, in tale contesto, noi abbiamo un peso o se la nostra diplomazia è costretta, poi, a farsi corifea delle decisioni assunte dalla Cancelliera prussiana e dal Presidente della Repubblica francese.
Se questo dovesse essere il nostro ruolo, pare proprio che esso sia sottodimensionato rispetto alla storia europea, che ha sempre visto l’Italia fra gli Stati pionieri, e considerati viepiù gli interessi italiani, che sono in gioco nella vicenda greca, per nulla irrilevanti, sia per l’ingente esposizione delle nostre banche, che per quella della Repubblica.
Prima di iniziare a scrivere il presente contributo, ero impegnato a guardare un film celeberrimo di Totò: “I due colonnelli”.
Orbene, in quella pellicola, memorabile è la scena nella quale il Colonnello italiano, appunto Totò, si rifiuta di dare esecuzione ad un comando tedesco improntato a disumanità: sparare contro un villaggio greco inerme, accusato di essere un covo di partigiani.
Mutandis mutatis, forse Renzi sta agendo assai diversamente da come, nella finzione filmica, ha fatto il celebre attore napoletano?
Forse, ha preferito allinearsi al comando tedesco, sperando così che un vantaggio (quale?) potesse derivare all’Italia da un atteggiamento di fedeltà cieca verso la Cancelleria di Berlino?
Non voglio, certo, banalizzare le drammatiche vicende odierne, ma a volte la storia trascende l’arte in modo clamoroso e, purtroppo, con risvolti tragici per tutti.
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