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Ma siamo buoni o buonisti?

martedì, 20 settembre 2016 07:35

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Il Papa a Lampedusa
Fabio Falzone
"Sara' vero? Dopo Miss Italia aver un Papa nero? No me par vero..." Questa canzone, sentita alla radio qualche giorno fa, riporta alla mente l'elezione di miss Italia 1996. Unica elezione in cui venne scelta una ragazza di colore. Quando si vide che in finale c'era lei, ci fu chi espresse dubbi sulla rappresentatività della bellezza italiana.
I buonisti si scatenarono, e come si disse, allora siamo un popolo di razzisti. Nessuno si voleva sentir tacciare di tale appellativo e quindi, anche se molte ragazze erano più belle, colore a parte, lei fu eletta.
Ma che cosa è il buonismo? Secondo il dizionario “Repubblica.it” è: "Atteggiamento di benevola apertura e comprensione per tutte le posizioni, accusato di non andare al di là di generici appelli moralistici, capaci solo di produrre compromessi confusi e di basso livello" . Eccesso di buoni sentimenti, suggestivo ma inconcludente.
Ed invece buono? Secondo il dizionario Corriere della sera.it è: "Conforme a ciò che è ritenuto il bene morale; generoso".
I buonisti sono quelli che hanno improvvisamente deciso che le persone portatrici di handicap invece di essere definite invalidi, sono divenuti diversamente abili. Diversamente come? Sono più abili di me perchè sono menomati? Una persona zoppa acquisisce per questo un'abilità che io non ho?
Allora anche io non sono vecchio, ma diversamente giovane ed inoltre diversamente capellone e diversamente magro. In televisione, recentemente, un ragazzo non vedente sentendo che lo stavano definendo diversamente abile, bloccò il conduttore dicendo: io sono cieco. Avete mai giocato a mosca diversamente abile? Ecco, cieca lei, cieco io.
Così gli emigranti sono diventati migranti. La sottigliezza semantica è minima, però i buonisti sono subito insorti. Qual'è la diversità?
Dal Vocabolario Treccani.it: "emigrante s. m. e f. [part. pres. di emigrare]. – Chi emigra; in particolare chi espatria, temporaneamente o definitivamente, a scopo di lavoro. Mentre migrante agg. [part. pres. di migrare]. – Che migra, che si sposta verso nuove sedi: popoli, gruppi etnici m.
Emigrante quindi, come dice l'etimo, sottolinea il distacco dal paese d'origine, calca sull'abbandono da parte di chi ne esce, come segnala anche l'etimologico- da ex- latino. Ad emigrante, proprio per via di quel prefisso, ma anche a causa del precipitato storico che si è sedimentato nell'uso della parola, si associa l'idea del permanere di un'identità segnata dal disagio del distacco, e dunque l'allusione a una certa difficoltà di inserimento nella nuova realtà di vita.
Perfetto, ed allora? Forse che salire su un gommone, attraversare il mare e rischiare la pelle, cambia per via della differenza semantica? Questa differenza rende per caso più semplice l'inserimento in paesi che non li vogliono o, più semplicemente, come il nostro, non hanno i mezzi per accettarli?
Già, perchè come sempre accade in Italia, si fanno le cose con programmazione zero. Si infilano dove c'è spazio, ma nessuno si domanda cosa accadrà il giorno seguente, cosa faranno loro e come agiremo noi, e le città iniziano a reagire.
Come il caso assurdo di Conetta (VE) dove gli abitanti sono costretti a vivere nella paura e nel degrado . Nel borgo di 197 abitanti sono ospitati 900 profughi. Sono accadute situazioni di scontri tribali, la gente ha paura. Vorrei conoscere il genio che ha stabilito questa movimentazione. C'è una ex base militare e quindi hanno inzeppato lì ben 900 persone.
Qualcuno si è posto qualche domanda? Sapendo come agiscono i nostri amministratori, non rimarrei meravigliato se iniziassero a riempire il Colosseo con migranti o, come si è vociferato, l'area dell'ex Expo a Milano.
Una volta si diceva: se ci sono persone che hanno fame, non portare loro il cibo, ma insegna loro a procurarselo. Ma da noi non è semplice. Papa Bergoglio la pensa diversamente, affermando che ci sono masse di persone che, per fame, hanno il diritto assoluto ed indiscriminato di emigrare nei nostri paesi.
Ma se il problema della migrazione fosse davvero scatenato dalla fame allora si dovrebbe affrontare lì il problema della fame. La Chiesa ha sempre affrontato il problema dell'immigrazione in maniera diversa dalla visione dell'attuale Papa. Prova ne sia che Giovanni Paolo II proclamò :“ il diritto primario dell'uomo è di vivere nella propria Patria".
Benedetto XVI affermò “prima che ad emigrare, va affermato il diritto a NON emigrare, cioè ad avere il diritto di rimanere nella propria terra”. Se non bastasse, i vescovi africani hanno lanciato un appello ai giovani dei propri popoli: ”non fatevi ingannare dall'illusione di lasciare i vostri paesi alla ricerca di impieghi inesistenti in Europa o America”.
Ma Papa Bergoglio insiste: "Chi li respinge chieda perdono". Dopo il viaggio a Lampedusa e dopo aver invitato i romani ad accogliere tutti i migranti, ecco che il Pontefice lancia un anatema contro coloro che si rifiutano di accogliere gli immigrati: "Vi invito tutti a pregare perchè le persone e le istituzioni che respingono questi nostri fratelli, chiedano perdono".
Peccato però che, come sempre accade, alle belle parole non seguano fatti coerenti. Non è cosa segreta che molti prelati vivono nel lusso e di certo non si prodigano per accogliere i bisognosi. Se ne è accorto un nigeriano, che ha tentato di trovare rifugio nella basilica di Santa Maria Maggiore, area extraterritoriale a favore della Santa Sede. Il nigeriano si è presentato per essere accolto, ma è stato bloccato da un agente della gendarmeria vaticana. (Fonte: “Vox.news” e “Il Giornale.it”)
Il 6 settembre 2015 Papa Francesco ha esortato: "Ogni parrocchia ospiti una famiglia di profughi". Come è andata?
Dopo quella data è stato scritto quanto segue: non esiste un censimento ufficiale ma bastano pochi numeri per raccontare come sia stato e sia difficile, nelle 25.000 parrocchie italiane, rispondere all'appello. A Roma città (334 parrocchie) entro la fine di gennaio 2016 saranno accolti 170 migranti. A Milano (1.000 parrocchie perché la diocesi comprende anche Brianza, Lecco e Varese) sono a disposizione - o lo saranno presto - 400 posti letto. A Bologna su 416 parrocchie soltanto quattro hanno dichiarato la loro disponibilità. Assieme a cinque privati, due comunità religiose e due altri enti, nell'arcidiocesi bolognese sono stati offerti in tutto 30 posti letto. E nella quasi totalità dei casi l'accoglienza viene finanziata con i contributi delle prefetture.
Con tutti questi inviti rivolti dal Papa in una nazione dove la DC ha governato per quasi 40 anni e dove le forze di apostolato, costituite da vescovi, sacerdoti, diaconi permanenti, religiosi e non, sacerdoti, religiose professe, membri di istituti secolari, missionari laici e catechisti, ammontavano a fine 2013 a 4.762.458, come si fa ad ignorare i messaggi del Pontefice?
Ed ecco quindi che, senza il minimo briciolo di programmazione o semplice buon senso, i buonisti accettano che migliaia e migliaia di migranti arrivino e vengano accettati e mantenuti senza sapere cosa accadrà, come verranno mantenuti e come curati. Senza ipotizzare la possibilità di rimandarli a casa o di trovare il sistema di farli lavorare. Ma il lavoro non lo trovano gli italiani, si può ipotizzare che tutte queste migliaia di persone diverse, sradicate dalla loro casa, dalla loro lingua e dai loro amici e parenti possano ricevere un lavoro? Da chi, con quale specializzazione? Probabilmente non sanno fare nemmeno i contadini, altrimenti sarebbero rimasti nel loro paese coltivando terra ed allevando animali.
Che futuro abbiamo in Italia dove si parla di percentuale minima di migranti rispetto alla popolazione nazionale, e non di cosa farà questa percentuale? Dove non si pensa che l'Africa si sta trasferendo in Europa, sperando o pensando di trovare situazioni migliori?
Ripeto: se hai fame non ti dò da mangiare, ma ti insegno a procurartelo. Ma questo richiede intelligenza, programmazione, impegno. C'è qualche politico in Italia con queste qualità? Odio il termine buonismo, anzi mi fa ribrezzo. La persona buona non si conosce nemmeno, perchè la mano destra non sa cosa fa la sinistra.
Il buonista parla (oppure blatera?) in televisione.
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