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Biancamaria Frabotta: Questa ottusa pazienza di durare

sabato, 17 gennaio 2015 19:32

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Simone Di Conza, Elio Pecora e Biancamaria Frabotta
Dal nostro inviato
Lisa Di Giovanni

E’ ripartita, con il primo incontro il 13 gennaio 2015, l’iniziativa culturale “Percorsi d’autore” a cura di Elio Pecora, presso la sede della F.U.I.S. - Federazione Unitaria Italiana Scrittori a Roma, la prima ed illustre ospite di questo nuovo anno, è stata la nota professoressa Biancamaria Frabotta insegnante di letteratura italiana all’università di Roma “La Sapienza”.
L’autrice ha deliziato il pubblico a colpi di versi con il suo nono ed ultimo libro Da mani mortali, ed. Mondadori, 2012.
L’immancabile rappresentante della nota federazione di produzione intellettuale, Simone Di Conza, apre l’incontro col presentare le finalità statutarie della FUIS, innumerevoli e ampie a tutela dei diritti d’autore degli scrittori, promozione, attenzione, collaborazione e creazione di opere e tanto altro e con ricordare la costituzione avvenuta, ben nota, risalente al 2009 per volontà delle organizzazioni di categoria sindacali CISL, CGIL e UIL.
Sono pochi o molti i poeti?
“Non è mai troppo tardi per riprendere in mano un libro” con questo invito Elio Pecora introduce, al pubblico in sala e via streaming, l’opera meritoria di Biancamaria Frabotta poetessa ed amica.
Un libro che avvicina, empatico dove vi è una natura universale e pensata “un poeta è colui che riesce a dire quello che noi pensiamo e non siamo in grado di esprimere”.
Per l’autrice i poeti sono moltissimi, ma anche quelli sono troppo pochi, risposta ambigua con doppio messaggio, come le sue poesie.
Malinconica cita il nostro secolo scorso, per l’abbondanza e allo stesso tempo per la strage di poeti.
Lei i poeti li riconosce dalla faccia, l’anima del poeta e nascosta perché vulnerabile.
Perché questa ottusa pazienza di durare?
Tutto il libro è pervaso da questo desiderio paziente di durare, secondo Elio Pecora, come se la poesia premesse costantemente sulla vita, tanto da portare l’umano a tornare padrone della natura riavvicinandosi alla terra.
Ma la natura è in guerra perpetua e lo si percepisce dalla “ verità nuda dei campi” perché “ non si coltiva così la propria anima”.
La Frabotta intona alcuni versi della poesia dedicata allo stesso Elio Pecora: “sosti sulla riva senza svestirti, temendo un Dio che porta il tuo nome” e lui la ringrazia affermando che è valsa la pena rimanere vestito.
Incanta il pubblico con i versi dedicati alla Luna, confessando che bisogna aspettare che la stessa ti parli ed avere un cuore paziente, come staccarsi dalla propria ombra e passare alla natura umana.
Nel libro c’è una voce anonima che pensa a stanare se stessa, tormentata tra natura e anima, che cerca le chiavi d’accesso e rimpiange la maternità mancata da essere umano.
“Un poeta sa che l’opera finisce, perché un poeta sa quando muore”
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