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venerdì, 04 novembre 2016 07:28 |
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Fabio Falzone
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Il detto che recita: Milano lavora, Napoli canta e Roma magna, sta a dimostrare che Roma non è che sia molto amata, dal nord al sud della nostra Penisola.
Il perché può avere molte interpretazioni, ma forse dipende dal fatto che i romani, abituati a vivere sotto la pressione dello stato Vaticano, hanno adottato un modus vivendi un poco ... gnorri, come indifferenti verso quello che accadeva nelle alte sfere. E questo, forse, li rende poco amabili probabilmente.
Un altro detto storico che girava a Roma era: Francia o Spagna, basta che se magna! Intendendo che essere invasi dai francesi o dagli spagnoli nulla cambiava se si aveva la possibilità di sopravvivere.
I romani sono un po' così, indolenti e scanzonati; pronti a scansarsi se il mondo dovesse crollare, pronti alla battuta mordace per bruciare i tronfi. Non per nulla Pasquino (statua sotto cui, nell'epoca papale, venivano posti i libelli contro chiesa e nobili) vive ancora in un cantone di una celebre zona di Roma.
Ma i romani, checché se ne dica, sono anche amati. Basti vedere la diffusione dell'accento nei film, commedie e tv.
Claudio Amendola (Giulio Cesaroni) raccontò che quando fu registrata la prima serie de i Cesaroni, raccomandò ai suoi colleghi: ragazzi, piano con il dialetto romano. Ma dopo aver visto il successo raggiunto dalla serie, nel registrare la seconda disse: ragà, damoje sotto con il romano.
Ma l'intercalare capitolino non è più un dialetto: Giuseppe Gioacchino Belli, Trilussa (pseudonimo di Carlo Alberto Camillo Mariano Salustri ), Cesare Pascarella sono ormai passati. Il romano ormai è solo un accento, una calata dialettale. A questa iperò sono legati alcuni modi dire che sono rimasti famosi, eccone alcuni:
- e chi sei Cacini? Gustavo Cacini (Roma, 31 dicembre 1890 – Nettuno, 31 dicembre 1969) è stato un attore teatrale e comico italiano che , essendo esile, smunto e strabico, si presentava con un vocione con cui provocava gli spettatori nei teatri di avanspettacolo, con battute pesanti e doppi sensi.
- li guadagni de Maria Cazzetta: si dice che questa signora, di cui il soprannome è di pura fantasia, avesse un banco in un mercato rionale. Per attirare clienti, pare comperasse uova ad un prezzo per poi rivenderle a metà, puntando sul fatto che chi si fermava a comperare le uova, avrebbe poi acquistato anche altro.
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- mica vengo dalla montagna del sapone: nel 1936, dopo la riconciliazione del 1929 tra stato italiano e stato pontificio, Mussolini decise che l'accesso a piazza S. Pietro dovesse divenire grandioso, con la creazione di via della Conciliazione ed il conseguente abbattimento della “spina di Borgo”. Il Bernini aveva progettato piazza San Pietro in modo che, arrivandovi attraverso i vicoletti della zona detta Spina di Borgo, il visitatore avesse uno shock creato dalla grandiosità del colonnato che vi accoglieva come un abbraccio. Alberto Sordi, che all'epoca c'era, descrisse così l'effetto:
Avevo quattro anni quando vidi per la prima volta San Pietro e fu proprio per il Giubileo del 1925. Ero in compagnia di mio padre, venivamo da Trastevere, dove ero nato in via San Cosimato e dove vivevo con la mia famiglia. Arrivammo percorrendo i vicoli, che poi furono distrutti, di Borgo Pio: un ammasso di casupole, piazzette, stradine. Poi, dietro l’ultimo muro di una casa che si aprì come un sipario, vidi questa immensa piazza. Il colonnato del Bernini, la cupola. Un colpo di scena da rimanere a bocca aperta. Ecco, quello che ricordo di più di quel Giubileo fu questa sorpresa. (Alberto Sordi intervistato da Roberto Rotondo)
Mussolini quindi decise di abbattere tutta la “spina di Borgo” per creare via della Conciliazione. Ci fu solo un piccolo problema: dove mettere tutta la gente che li abitava? La zona di Primavalle (quartiere periferico disagiato e povero, soprannominato montagna del sapone) venne presentato come l'eden agli ignari abitanti (belle case, bella zona) che, lasciata la centralissima zona di Borgo, furono li trasferiti. Perciò il detto vuol significare: mica mi lascio fregare come hanno fatto loro.
- come la sora Camilla, tutti la vojono e nessuno se la pija. Il detto si riferisce a donna Camilla Peretti, sorella di papa Sisto V, che ebbe innumerevoli pretendenti, ma poi finì chiusa in convento.
- ma che è anticaja e petrella? Per intendere un oggetto non antico (sarebbe di pregio) ma vecchio e quindi in senso dispregiativo. A Campo de' Fiori (storico quartiere romano) c'era un negozio di rigattiere che aveva come insegna: anticaglie Petrella. Da lì il nome venne aggettivizzato modificandolo.
- Esse tre pinze e 'na tenaja: si intende di persona molto avara, tirchia. Ma è un modo di dire antico trasformato dal popolo. In origine era: tre pigne e 'na tenaja. E' lo stesso G.G. Belli che ne spiega il significato: Si suol dire agli avari, imperocché la pigna cede a stento il suo frutto, e la tenaglia ritiene fortemente ciò che ha già preso.
Non che i detti romaneschi siano infiniti, ma sono tutti sicuramente ironici e pittoreschi. Come anche gli insulti. Ne voglio indicare solo uno dei tanti che mi ha particolarmente colpito per la complessità, la fantasia e la prontezza dimostrata dalla persona che lo ha pronunciato. A seguito di una lite, per augurare metaforicamente la morte dell'avversario disse: ma va' mmorì ammazzato in mezzo a 'n campo de bidoni, armeno quanno caschi soni!
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