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Schiavone: un vicequestore in loden e clarks

domenica, 13 novembre 2016 08:34

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Fabio Falzone
Rocco Schiavone, assurto alla notorietà da quando è stato trasmesso in televisione, è un poliziotto con un suo carattere ben definito.
Viene subito da fare il confronto con il commissario Montalbano. Ma sono molto diversi. Schiavone, e lo precisa ad ogni piè sospinto, non è un commissario, ma un vicequestore. Uno è siciliano e li vive, l’altro, romano preciso, vive, suo malgrado, ad Aosta. Anche gli autori sono molto diversi. Camilleri (autore di Montalbano) è un anziano scrittore (91 anni) che ha al suo attivo molte opere come scrittore, regista e sceneggiatore. Antonio Manzini (52 anni) è stato fondamentalmente attore, regista e scrittore.
Anche i personaggi nelle fiction televisive sono interpretati da attori molto diversi. Luca Zingaretti (Montalbano) è dissimile dal personaggio dei libri. Le descrizioni dell’autore ce lo presentano come un uomo magro, segaligno e non lontano dalla pensione che fa venire alla memoria Ubaldo Lay, indimenticabile interprete del tenente Sheridan della polizia di San Francisco, ma di paternità completamente italiana (Mario Casacci, Alberto Ciambricco e G.A. Rossi).
Zingaretti è bravissimo, ma poco si adatta alla descrizione fisica. Il vicequestore Schiavone sembra invece disegnato appositamente per Marco Giallini. L’attore è alto, poderoso, con lo sguardo incisivo, penetrante e ben si attaglia al personaggio che è decisamente particolare. Ha le sue fisse: nonostante si trovi ad Aosta e spesso in trasferta nelle vicine località sciistiche, è fissato per usare solo scarpe Clarks, che distrugge invariabilmente in poco tempo, e cappotto loden: abbigliamento poco adatto per la città in cui è costretto a vivere. Già: costretto. E’ un investigatore acuto, brillante ed osservatore attento, di grande esperienza.
Ma non è un esempio di correttezza. Il suo linguaggio non andrebbe bene in un consesso religioso. Anche il suo comportamento potrebbe essere oggetto di qualche reprimenda. E’ nato in un ambiente di Roma in cui ha frequentato amicizie che poi hanno preso strade diverse dalle sue. Non si sa perché lui sia diventato poliziotto, forse anche solo perché ha studiato giurisprudenza. Però lo stipendio è insufficiente e quindi “arrotonda” con lavoretti che fa insieme ai suoi amici di infanzia in cui però (magari pensa a Robin Hood) ruba ai delinquenti per donare … a loro stessi.
Ma il suo trasferimento ad Aosta avviene si per punizione, ma non per qualche “lavoretto” poco pulito, ma per aver “corcato” come dice lui (massacrato di botte) il figlio di un senatore che aveva stuprato 7 ragazze minorenni mandandone una in ospedale; ed il padre gliela fa pagare. Ad Aosta il vicequestore porta la sua romanità, i suoi spinelli fumati a prima mattina per ben cominciare la giornata ed i suoi difficilissimi rapporti con le donne a cui non riesce ad attaccarsi seriamente dopo che la moglie è morta per aver ricevuto una pallottola destinata a lui. Ne è talmente innamorato che spesso la vede e ci parla.
Marco Giallini è bravissimo e la trasposizione televisiva è fedelissima ai libri. E’ difficile dire, in conclusione, se sia migliore la fiction televisiva o le pagine stampate. Tuttavia, ci permettiamo di dare un sommesso consiglio: meglio leggere i libri e poi guardare le fiction. Si apprezzano meglio.
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