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Il film 7 minuti, ovvero: della dignità

lunedì, 28 novembre 2016 22:38

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Fabio Falzone
Dignità s. f. [dal lat. dignĭtas -atis, der. di dignus «degno»; – Condizione di nobiltà morale in cui l’uomo è posto dal suo grado, dalle sue intrinseche qualità, dalla sua stessa natura di uomo, e insieme il rispetto che per tale condizione gli è dovuto e ch’egli deve a sé stesso. (Treccani.it)
Chi scrive è un uomo ed ogni mattina deve assolvere al compito che quasi ogni uomo ha: farsi la barba. Per me, più semplicemente, la dignità corrisponde alla possibilità di guardarsi allo specchio negli occhi ogni mattina senza doverli abbassare.
Ho visto il film 7 minuti. Successivamente ho cercato su internet diverse recensioni sullo stesso. Probabilmente, non essendo io un critico cinematografico, sono rimasto colpito da considerazioni diverse da quelle trovate nelle recensioni lette: brave le attrici, bravo il regista anche se ricalca modi antichi, rivendica il suo essere fuori dal tempo, ecc. ecc.
Corre l’obbligo di dire, in due righe, la trama per chi non lo avesse visto. Ripreso da una piece teatrale, ispirata ad un fatto vero, il film narra la storia di una azienda italiana venduta ad una holding francese che, contrariamente al terrore di tutti i dipendenti, non licenzia nessuno purchè i questi siano disposti ad accettare la riduzione di 7 minuti della pausa pranzo.
Con questo film il regista fornisce spunti di riflessione di cui si può: dramma della situazione lavorativa italiana, razzismo verso gli italiani e verso gli extracomunitari, paura del domani. La società che acquista quella italiana è francese, e viene ben evidenziata l’opinione di molti altri paesi che vedono gli italiani come bambini giocherelloni poco seri. La presidentessa della azienda tratta gli italiani con la sufficienza di un adulto verso un bambino poco intelligente. Fa pensare ai “cicci cicci – pucci pucci” usato da tanti.
La presidentessa, che ha in ballo la sorte di 300 lavoratori, si preoccupa di tornare in ritardo per vedere il nipote. Razzismo da e verso i lavoranti extracomunitari. Come non rimanere colpiti dalle donne extracomunitarie che, pur vivendo in Italia da molti anni, non parlano di “noi”, ma di voi e del loro paese di origine? A loro non interessa la dignità delle persone, dei lavoratori. Il loro discorso è: al nostro paese si muore di fame, voi adesso iniziate a sentire la paura che proviamo noi. Nonostante gli anni vissuti in Italia, non si sono integrate, non si preoccupano di ciò che accade alla azienda, ma di quello che può accadere a loro ed agli “altri”.
E lì esce fuori la paura che forse in pochi in questo momento sentono. Quando le centinaia di migliaia di migranti saranno ufficializzati italiani (aita! aita!) quale sarà il rapporto tra aziende e lavoratori? Ci saranno persone disposte ad accettare condizioni da schiavi pur di mangiare e di non dover ritornare nei paesi di origine? Che fine faranno le lotte dei lavoratori italiani per ottenere il CCNL? (contratto collettivo nazionale dei lavoratori).
Sarà il punto che scatenerà una guerra tra poveri per il posto di lavoro? E tutto questo come si identifica? Nella situazione che si crea con la richiesta dell’azienda: i 7 minuti possono diventare: 7 x 300 dipendenti x 5 giorni x 52 settimane = 9100 h. a quante persone corrispondono? A quanti dipendenti assunti in nero, senza paga, senza previdenza corrispondono? La dignità delle lavoratrici consiste nel difendere i 7 minuti perché sono cose loro. Perché non cedendo dimostrano il loro valore, di persone e di lavoratori.
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