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Alessandra D'Annibale
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Il ritorno nella capitale, dopo 10 anni: Slava’s Snowshow uno spettacolo poetico, universale, fantasioso, lirico, ironico, e senza tempo, qua e là venato di malinconia, è lo spettacolo con i numeri più belli e famosi del repertorio di Slava. Una serata incredibile e inaspettata, quella della prima stampa il 26 marzo al Teatro Olimpico di Roma, dove tutto il pubblico è stato rapito con meraviglia e stupore.
Lo spettacolo prese vita nel 1993 e da allora, spettatori da tutto il mondo, da decine di paesi, l’hanno visto senza mai stancarsi. È stato eseguito migliaia di volte, ricevendo molti premi. “Questo spettacolo – conclude Slava – è il mio amato figlio, e spero che non ci separeremo per molti anni a venire, perché questo spettacolo non ha ancora cessato di sorprendermi e di confondermi grazie agli innumerevoli misteri che nasconde. Può rendervi gioiosi e tristi, farvi ridere e farvi piangere. In molti modi questo spettacolo mi ha permesso di conoscere me stesso; è diventato un punto di riferimento importante nella mia vita”.
Emozioni, risate, poesia e tanta dolcezza riempiono gli occhi e i cuori di tutti gli spettatori tra il freddo vento delle steppe russe che scatenano magiche tempeste di neve.
Uno spettacolo unico nel suo genere, in cui per quasi due ore una decina di clown si susseguono sul palco senza dire una sola parola ma comunicando solo con i gesti.
Il Times di Londra l’ha definito “imperdibile e già classico, una cosa di rara bellezza teatrale, un classico del teatro del XX secolo” – Slava’s Snowshow continua a incantare milioni di spettatori di tutte le nazionalità ed età. Genere a sé stante, riesce a esser spontaneo e magico come il primo giorno in cui è stato rappresentato, trasportando gli adulti in un mondo di stupore e meraviglia tipico dell’infanzia. Il geniale ideatore, il russo Slava Polunin (pluripremiato con l’Olivier e il Time Out Award a Londra, il Drama Desk a New York, lo Stanislavskij a Mosca e il Festival Critics Award a Edimburgo) considerato il miglior clown del mondo, ama un teatro ricco di speranze e sogni, di desideri e di nostalgie, di mancanze e disillusioni. Un teatro che sfugge a qualsiasi definizione, all’interpretazione unica delle sue azioni e da qualsiasi tentativo di limitazione della sua libertà
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